“Verso l’infinito… e oltre”.

Chi era, chi è Buzz Lightyear? Sì, certo, uno tra i giocattoli preferiti di Andy (Toy Story, 1995, e i successivi tre sequel), ma prima di diventare un action figure di plastica? Era l’eroe del suo film preferito. “Questo film”.

E il film è proprio Lightyear – La vera storia di Buzz, nuova fatica Disney/Pixar – primo titolo Pixar ad arrivare nelle sale anziché approdare direttamente in piattaforma dallo scoppio della pandemia a oggi – diretto da Angus MacLane (Alla ricerca di Dory) e incentrato sull’aspetto umano di un eroe cinematografico talmente famoso da aver ispirato una linea di giocattoli di successo.

© 2021 Disney/Pixar. All Rights Reserved.

Va da sé che la bontà dell’idea alla base di questo stand alone è indiscutibile, come altrettanto indiscutibile era – ed è – l’attesa che ci separava dall’uscita di Lightyear (nelle sale dal 15 giugno).

Ci troviamo nello spazio profondo, a 4,2 milioni di anni luce di distanza dalla Terra. L’affermato Space Ranger Buzz Lightyear, la sua comandante Alisha Hawthorne e un equipaggio composto da più di mille scienziati e tecnici stanno tornando verso casa dopo la loro ultima missione. Un sensore però segnala che si trovano in prossimità di un pianeta inesplorato, potenzialmente ricco di risorse.

Buzz decide di modificare la rotta della loro nave da esplorazione (soprannominata la Rapa) per raggiungere questo   pianeta, che poi scoprirà essere paludoso e popolato da aggressive piante rampicanti e insetti giganti. Il gruppo tenta di fuggire ma uno schianto distrugge la loro cella a combustibile: Buzz, Alisha e il loro equipaggio sono bloccati su questo pianeta tutt’altro che accogliente.

Avventura fantascientifica spettacolare, Lightyear è forse il titolo Pixar più sorprendente dal punto di vista visivo e quello che, naturalmente, gioca in maniera più spudorata con le suggestioni e le derivazioni di modelli cinematografici facilmente rintracciabili, puntando tutto (o quasi) su elementi retrò in un’atmosfera però futuristica.

Il punto nevralgico di tutto il discorso non a caso è proprio l’immutabilità di un’immagine, di un’idea, all’interno di un contesto che invece progredisce, che avanza, che fa i conti con l’invecchiamento e con la fine, certo, ma che ha anche saputo costruire qualcosa (materialmente o in termini di rapporti, di famiglia), lasciando ai posteri qualcosa di sé.

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Buzz invece no. Buzz rimane fermo cercando però di raggiungere la velocità ipersonica: il senso di colpa per aver condannato la sua amica Alisha e tutto il resto dell’equipaggio a rimanere bloccati lì lo costringe a misurarsi in continuazione con test che falliscono ogni volta.

Missione fallita dietro missione fallita, Buzz viaggia ogni volta per poco più di 4 minuti, ma tutto intorno a lui muta di anni. La sua vita rimane immobile, il suo aspetto altrettanto, è l’immagine emblematica dell’eroe eterno, action figure di plastica che resisterà anche dentro qualche scatolone di cartone, per passare poi di mano (come nel meraviglioso finale di Toy Story 3), “verso l’infinito... e oltre”.

© 2021 Disney/Pixar. All Rights Reserved.

Ma è proprio lì, in quell’ultima parola, “oltre”, che sembra volersi nascondere il senso definitivo di questa operazione ri-lancio: dalla solitudine dell’eroe tutto d’un pezzo, che non ammette la sconfitta e che preferisce l’azione individuale a quella in team, Buzz - anche a costo di lottare strenuamente contro se stesso... - finirà per comprendere invece l’importanza degli errori, la necessità del gruppo e, soprattutto, quanto conti progredire, andare avanti, anche con il rimorso di qualche sbaglio commesso ma con la consapevolezza di aver trasmesso qualcosa ad altri.

E allora sì, davvero, “verso l’infinito... e oltre!”. In attesa, ovviamente, del sequel.