“Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”.

Si chiude con uno stallo potente e con la successiva citazione tratta dall'omonimo Les misérables di Victor Hugo il nuovo film diretto da Ladj Ly, regista parigino che realizza questo western urbano partendo da un suo stesso cortometraggio del 2017 e ambientandolo nello stesso quartiere dove proprio il romanziere francese faceva muovere i protagonisti del suo immortale capolavoro.

Siamo a Montfermeil, sobborgo parigino. Stéphane (Damien Bonnard), poliziotto appena arrivato da Cherbourg, si è unito alla Brigata anti-criminalità. In auto con i nuovi compagni di squadra, Chris (Alexis Manenti) e Gwada (Djebril Zonga), scopre rapidamente le tensioni tra i diversi gruppi del quartiere.

Gitani, francesi di seconda e terza generazione e musulmani praticanti gestiscono le varie aree di competenza, apparentemente senza problemi. Ma durante il fermo di Issa, ragazzino di strada già conosciuto dalle forze dell'ordine, qualcosa va storto. E un drone riprende tutta la scena. Le tensioni potrebbero esplodere da un momento all'altro.

Non è un film sorprendente, quello di Ladj Ly, ancorato ad una tradizione filmica che da L'odio in poi ha saputo raccontare le banlieue parigine con vigore e in maniera a volte anche accorata.

Ha dalla sua, Les misérables, l'indubbio crescendo di una tensione che scorre sottotraccia in parte per le intemperanze di uno dei tre poliziotti, Chris, soliti modi da sbruffone che sfociano spesso in abuso di potere, in parte per la notevole caratterizzazione dei miserabili che danno il titolo stesso al film.

Lo sviluppo, però, è abbastanza canonico. Fino alla svolta dell'assedio finale dentro uno dei palazzoni fatiscenti: ecco, in quel momento il film riesce ad esplodere tutta la sua rabbia e la tensione accumulata, conducendo ad un finale di grande impatto. Ad una resa dei conti inevitabile, che resta però giustamente sospesa. Per dissolversi in nero.