La guerra si può combattere su molti fronti, con le armi in campo o con la strategia e le astuzie dietro le quinte. Alcuni misteri restano avvolti nella nebbia del tempo. Di altri si ha notizia perché qualcuno (un narratore, un soldato) li ha raccontati. Sulla Seconda Guerra Mondiale esistono diari e opere di fantasia che appassionano perché costruiti su una realtà che ha lasciato il segno. E il cinema vi ha attinto a piene mani. L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat di John Madden è l’ultimo esempio (riuscito) di un “genere” che non smette di avvincere ogni platea. La vicenda (autentica) ha dell’incredibile, e fu uno dei più grandi inganni dell’intelligence britannica contro i nazisti.

Nel 1943, prima dello sbarco in Sicilia degli alleati, l’obiettivo era di far credere a Hitler che l’offensiva avrebbe avuto luogo in Grecia e non in Italia. In questo modo le sue truppe si sarebbero spostate, rendendo più agevole l’arrivo dei militari americani. L’idea era quasi da fantascienza: far trovare il cadavere di un soldato con in tasca dei documenti segreti relativi all’operazione, per depistare i tedeschi. Ma tutto doveva essere organizzato nei minimi dettagli, iniziando dalla finta identità del morto.

Non è la prima volta che questa vicenda arriva sullo schermo.  Nel 1956 ci fu L’uomo che non è mai esistito di Ronald Neame. Poi nel 2020 una versione televisiva andata in onda in Inghilterra. L’ispirazione è sempre venuta dal libro Operazione Mincemeat, scritto da Ewen Montagu, e oggi interpretato da Colin Firth. Siamo in un film di spionaggio, e alla base c’è sempre una partita da doppio o triplo gioco. Per questo vediamo comparire anche un giovane Ian Fleming, che non a caso sta abbozzando “un romanzo di spie”. Però James Bond non c’entra. Solo per esigenze narrative gli eventi reali si mescolano alla letteratura. “Siamo circondati da scrittori”, si sente dire a un certo punto. Tutti hanno qualcosa da scrivere, dalle trame oscure alle false lettere d’amore da far ritrovare sul corpo di un disperato.

 

Madden cambia il punto di vista del libro. Non si concentra solo sui fatti, ma sulla manipolazione della verità, sulla fake news più riuscita di sempre. Il conflitto resta in disparte, la sequenza dell’attacco è realizzata in modo sbrigativo. Anche perché di sbarchi su spiagge desolate la macchina da presa ne ha descritti tanti. Il film tende i muscoli quando decide di non seguire le convenzioni, di uscire dai canoni dei classici giochi di agenti segreti e interrogarsi sulle diverse sfumature dell’intrigo. Gli stessi eroi inglesi sembrano non essere senza colpa, e Madden è più interessato a indagare sui rapporti di potere. In Miss Sloane del 2016 Jessica Chastain era una spietata lobbysta di Washington. In L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat più si sale nelle gerarchie, più l’uomo diventa cinico. E lo stesso Churchill sembra un politico capriccioso, prima di arrivare alla decisione finale.

I sentimenti, tanto cari al cineasta di Shakespeare in Love, hanno anche qui un forte peso. Il protagonista, per capire l’importanza della sua famiglia, ha bisogno di una nuova passione. Il cuore del film è però l’amicizia tra lui e Cholmondeley. Sono loro la “mente” dietro all’Operazione Mincemeat. Uniti ma allo stesso tempo rivali, si specchiano l’uno nelle fragilità dell’altro. Non sono eroi da imprese mirabolanti, ma spie per mestiere, comuni mortali spezzati dall’andare degli anni, dal dubbio, dal sospetto. Non sono ben accetti in società, anzi a modo loro ne sono respinti, mentre il terrore che Hitler arrivi a Londra è sempre più pressante e le sirene dei bombardamenti fanno tremare.