Piace molto ai lettori, il prolifico Lorenzo Marone: dieci testi nell’ultimo decennio, tutti più o meno varianti del binomio “sentimenti e Napoli” con titoli emblematici nel definire un orizzonte di sogni e bisogni, da Magari domani resto a Inventario di un cuore in allarme passando per La tentazione di essere felici già all’origine de La tenerezza di Gianni Amelio.

Non fa eccezione La tristezza ha il sonno leggero, altro titolo suggestivo che spiega bene l’approccio di un autore che non si vergogna di costeggiare il melodramma accomodante o di acciambellarsi nella dolcezza. Il romanzo, pubblicato nel 2016, è all’origine dell’opera prima dell’attore Marco Mario De Notaris (anche sceneggiatore con Tiziana Martini), dal 26 febbraio in esclusiva su RaiPlay.

Nella notte della caduta del Muro di Berlino, sembra cadere anche il mondo di Erri (omaggio a De Luca?) Gargiulo, quarantenne senza ambizioni che, dopo essere stato buttato fuori casa dalla moglie fedifraga, si è insediato in un antico appartamento trasformato in una comune. Nella sera in cui aspetta l’arrivo di una squillo a domicilio, piombano in casa i componenti della sua ingombrante famiglia allargata, un parentado abbastanza intrecciato dominato dall’opprimente mamma Renata di fede democristiana e messo in subbuglio dalla sorella Flor, nata dal secondo matrimonio del padre di Erri.

Prodotto dalla MAD di Luciano Stella e Maria Carolina Terzi e dalla Madaleine di Carlo Macchitella, La tristezza ha il sonno leggero si presenta con tutti i presupposti dello scannatoio familiare ma sembra non voler credere fino in fondo al suo potenziale kammerspiel di lontana matrice eduardiana. Preferisce piuttosto rinnovare l’umore malincomico della commedia napoletana degli anni Ottanta, con una ricostruzione d’epoca dichiaratamente ricalcata a partire da un immaginario televisivo pur consapevole di essere nei pressi dei luoghi comuni.

Il buio della platea ritrovato nell’oscurità autunnale della città vuota esalta un impianto teatrale che però somiglia più alla prosa televisiva. Mancano il respiro in una regia che non si lasci ingabbiare nella scatola della scenografia, il fiato più lungo per orchestrare il coro di (tanti) personaggi ai quali garantire spazi e tempi equi, la scelta di un registro su cui modulare la stramberia delle situazioni e l’affetto verso una umanità serenamente difettosa.

All’attivo la buona resa dell’eterogeneo cast, dall’alta scuola partenopea dell’eduardiano Marzio Honorato alla vivacità dell’orma popolarissima Serena Rossi (entrambi già in Un posto al sole come pure Gioia Spaziani) passando per Ciro Priello sempre più autonomo rispetto ai The Jackal all’esperto caratterista Tonino Taiuti. Piace però sottolineare ancora una volta l’incredibile leggerezza di Stefania Sandrelli, naturalmente credibile come matrona che inorridisce all’idea di banchettare con piatti di plastica e infine sorseggia vino nei bicchieri della Nutella.