Diamo il bentornato a un regista che dopo l'insuccesso di Elizabethtown mancava dal cinema di fiction da troppo tempo. Per rimettersi dietro la macchina da presa, Cameron Crowe ha scelto di adattare il romanzo autobiografico di Benjamin Mee, storia di un uomo che dopo la morte della moglie ha bisogno di ricominciare una nuova vita insieme ai due figli, e sceglie di farlo tentando di salvare uno zoo in decadenza. Lo spunto di partenza è quindi perfetto per il cinema di buoni sentimenti e storie comuni sviluppato al meglio da Crowe in film imperdibili come Jerry Maguire o Quasi famosi - per quest'ultimo ha ottenuto l'Oscar per la sceneggiatura originale.
E La mia vita è uno zoo regala al pubblico proprio quello che si aspetta, con la fluidità e l'ottimismo di chi sa raccontare una storia alla maniera di una volta. Personaggi densi, sentimenti esposti con gentilezza e incisività, situazioni capaci di intenerire. Tutto questo non va scambiato per semplice retorica, perché Crowe come nei suoi lavori migliori riesce in filigrana a raccontare anche temi drammatici come la difficoltà del superamento della perdita o la crisi familiare ad essa dovuta. Alcune battute e almeno un paio di sequenze sono cinema semplice ma grandissimo, come la scena finale in cui è impossibile non commuoversi. Matt Damon conferma di essere un attore che compensa un talento magari anche limitato con una considerevole intelligenza nel sapersi scegliere ruoli adatti. Unico neo della sceneggiatura è la delineazione non troppo approfondita dei personaggi femminili, affidati a Scarlett Johansson e all'astro nascente di Elle Fanning.
Forse il cinema di Cameron Crowe è rimasto un po' indietro rispetto alle coordinate più incisive dell'attuale commedia romantica americana. A noi poco importa, in quanto il suo modo di raccontare in maniera “classica” continua ad entusiasmarci. La mia vita è uno zoo è un film che scalda l'animo, e questo è un pregio che è veramente difficile mettere in discussione.