Sette anni fa, effettivamente, la storia di Kirikù e la strega Karabà era troppo corta. "Molte cose", come ci spiega il nonno del piccolo eroe africano, "non erano state raccontate". E allora, tornando a quel momento e riportandoci all'interno del suo villaggio, il francese Michel Ocelot (insieme a Bénédicte Galup) vuole in qualche modo mostrare e al tempo stesso approfondire le innumerevoli e nobili imprese compiute dal nostro Kirikù: attraverso quattro o cinque episodi autoconclusivi, nei quali il protagonista dovrà vedersela con altrettanti animali selvatici, sarà nuovamente messo in risalto il rapporto conflittuale tra la voglia di migliorare le sorti di un mondo (incarnata dall'irriducibile e geniale bimbo) e la cattiveria di un mondo altro (riecco la tanto malvagia quanto affascinante strega Karabà) che, in tutti i modi – attraverso un esercito di feticci – , tenterà di fermarne l'evoluzione.
Meno bello del precedente, tutto giocato sul contrasto estetico di fluttuanti ombre cinesi, Kirikù e gli animali selvaggi ha comunque il grandissimo merito di sapersi rivolgere in maniera diretta e senza fronzoli autoriali al pubblico verso cui maggiormente è destinato, quello dei bambini. Un film (cartone animato, se preferite) che, pur non insegnando molto di più a coscienze già formate, potrà ancora una volta aiutare i piccoli spettatori ad immedesimarsi e sentirsi parte attiva di un sogno, quello di una rinascita decisiva per le sorti di un continente così magico e pieno di colori: il viaggio di Kirikù attraverso la savana sul dorso di una giraffa ne è il momento più rappresentativo. Peccato, ma forse non si poteva fare diversamente, per l'adattamento in italiano delle canzoni originali, composte fra gli altri da Manu Dibango ed interpretate da Youssou N'Dour.