Kina e Yuk sono una coppia di volpi polari. Vivono ai confini dell’America Settentrionale, tra la neve, il ghiaccio e il freddo. Si amano, ma la loro storia d’amore e di amicizia è destinata a durare poco. Tutta colpa del surriscaldamento globale. Perché? Se vedrete questo film lo capirete.

S’intitola Kina e Yuk alla scoperta del mondo ed è il secondo lungometraggio firmato dal francese Guillaume Maidatchevsky. Biologo, esperto conoscitore delle caratteristiche fondamentali del comportamento degli animali, e già una volta documentarista con Ailo - Un’avventura tra i ghiacci (2018). Cambiano gli attori: lì la protagonista era una piccola renna, questa volta sotto i riflettori ci sono due volpi polari. Mutano gli scenari (sebbene sempre ghiacciati e innevati siano) lì eravamo in Lapponia, qui siamo nell’estremo Nord del Canada. E c’è una nuova voce narrante: nel primo il narratore era Fabio Volo, qui è la blogger e conduttrice tv Benedetta Rossi, narratrice dal timbro vocale inconfondibile diventata famosa con il suo Canale YouTube “Fatto in casa da Benedetta”, un “love brand” con oltre 20 milioni di fan social, più di 1 milione di libri venduti, il secondo sito di cucina in Italia. Nella versione originale è l’attrice e conduttrice tv belga Virginie Efira. Insomma cambia tutto, ma la distribuzione è la stessa ovvero la Adler e soprattutto l’operazione di Maidatchevsky è simile. E (spiace dirlo) se già la prima non era pienamente riuscita, questa lo è ancor meno.

Una storia ripetitiva nei meccanismi, una voce fuori campo che spiega con frasi piuttosto banali quel che accade, e un’avventura che non appassiona mai più di tanto forse proprio perché composta da tanti spezzoni poco amalgamati tra loro. Ma soprattutto un pubblico poco chiaro di riferimento: di fatto annoia i bambini e anche sui grandi l’effetto è soporifero. Sarà il bianco della neve? Forse, sicuramente gli appassionati di natura apprezzeranno. Ma non bastano le belle immagini per fare una bella storia. Lo sa bene un altro francese ovvero Gilles De Maistre con il suo Mia e il leone bianco (2018), e relativo sequel (nel 2021 Il lupo e il leone), un successo dovuto sicuramente non solo ai colori ben più caldi dell’Africa.

Di certo non sono le tonalità più fredde a stemperare i film di Maidatchevsky. Quel che manca qui è proprio l’intrattenimento. Una mancanza che si ripete, già con Ailo la avevamo sentita. D’altro canto funziona, come nel primo film, senza dubbio la parte documentaristica grazie alle inquadrature ravvicinatissime non solo di Kina e Yuk, ma anche dei topolini che scappano nella neve, nonché degli scattanti ermellini che fanno capolino e dei grossi orsi polari.

Tanti piccoli e grandi abitanti di quella terra ghiacciata, ahinoi, fin troppo narrati da una voce fuori campo un po’ didattica e didascalica, lontani insomma da quelli (non parlati, ma solo accompagnati dalla musica) del recente bel doc La quercia e i suoi abitanti. Senza guizzi né particolari novità, Kina e Yuk alla scoperta del mondo resta comunque una favola ambientalista che, come ogni fiaba che si rispetti, finisce (per fortuna) nel migliore dei modi.