Lo spettro del nazismo continua a infestare la Germania. I gruppi di estrema destra sono sempre più frequentati dal cinema tedesco. L’ultima cineasta era stata Julia von Heinz con Und Morgen Die Ganze Welt alla Mostra di Venezia. La protagonista era una ragazza che si schierava con gli antifascisti per combattere i militanti neonazi. Anche in Je Suis Karl di Christian Schwochow lo sguardo è al femminile.

La giovane Maxi perde la madre e i fratelli in un attentato terroristico a Berlino. Per disperazione si unisce ad alcuni coetanei che vorrebbero cambiare il mondo. Siamo dalle parti della fantapolitica, ma il riferimento alla nascita di una dittatura è chiaro: il rifiuto dell’accoglienza, le urla per scacciare gli stranieri, il richiamo imperioso a una maggiore militarizzazione dello Stato.

Ce lo aveva già mostrato, nel 2008, Dennis Gansel con L’onda. In ognuno di noi, per quanto possa essere sconvolgente, dorme un nazista. Parte da questo presupposto anche Schwochow, che già dal titolo manda un segnale forte. Rielabora lo slogan “Je suis Charlie”, nato in seguito al massacro del 2015 nella redazione della rivista satirica Charlie Hebdo, e lo ribalta su di noi. Karl è il leader del movimento, la generazione del nazismo 2.0. È una provocazione dello spettatore.

La domanda che viene posta è se si è davvero in grado di andare oltre il perbenismo per analizzare il problema da un punto di vista sociale. Il regista spiega che non è più tempo di vestiti di pelle e borchie, il pericolo arriva da più in alto. Karl è bello, affascinante, di spirito borghese: all’apparenza il ragazzo perfetto che ogni genitore vorrebbe per la propria figlia. Ed è lui a scatenare il caos.

Il film utilizza i social, il linguaggio della condivisione forsennata, per condannare una minaccia sempre più presente. Con intelligenza, nell’epoca della post-verità, sottolinea come ogni tipo di narrazione sia manipolabile. I contenuti che Karl fa vedere in diretta sui suoi canali sono frutto della menzogna, le reazioni delle platee sono programmate. Quindi è dalla finzione che può nascere l’apocalisse, riavvolgendo il nastro della Storia a neanche un secolo fa.

Schwochow non sempre trova la misura giusta. A volte eccede con il volume della musica, e strizza l’occhio ai teenager ai quali si rivolge. Ma l’intuizione di rimettere al centro del dibattito l’estremismo attraverso le nuove tecnologie è interessante e molto attuale. Il flusso, il bombardamento di immagini, ecco i despoti di oggi.