Icona della comicità americana, vincitore di ben 22 Emmy Awards, Jon Stewart ha condotto per quindici anni The Daily Show, programma che parodiava telegiornali e talk show. Irresistible è il suo secondo film come autore dopo Rosewater, l’esordio del 2014 – inedito in Italia – che ricostruiva la prigionia di un giornalista sotto il regime iraniano.

Se l’opera prima era una storia di resistenza legata alle suggestioni della presidenza Obama (in sintesi: consolidamento dei valori americani, lotta per i diritti civili, fiducia nella speranza incarnata da quel leader carismatico), questa commedia politica è più che mai retaggio della stagione di Trump. Non a caso si parte proprio dal momento che rappresenta il trauma per l’America democratica, le elezioni del 2016, mettendo al centro uno dei consulenti della campagna elettorale di Hillary Clinton.

A interpretare Gary Zimmer, pura élite liberal, è Steve Carell, che, come tutti i commedianti della stirpe più nobile, è formidabile: pochi come lui sanno trasmettere la sconfitta di un mondo e l’empatia di un certo tipo umano, la tragedia del ridicolo e un’inattesa dignità. All’indomani della disfatta, Zimmer incappa nel video virale di un agricoltore del Wisconsin (Chris Cooper, solita faccia che racconta esperienza, fatica e solidità), ex colonnello dei marines, impegnato in un appassionato discorso a favore degli immigrati.

Zimmer decide di puntare su di lui come candidato sindaco democratico di Deerlaken, intravedendo in quel microcosmo un laboratorio per costruire la vittoria futura su scala nazionale: se una comunità del Midwest rurale, fienile dei voti di Trump, è disposta a votare un uomo così, perché non immaginare un profilo del genere per la presidenza? Una strategia un po’ idealista (ma nemmeno troppo: è Zimmer stesso a ribadire, forse per tutelarsi, che “Non si tratta di politica, ma di matematica”), eppure non del tutto assurda: tant’è che Faith (Rose Byrne, ottima), la nemesi repubblicana di Gary, si materializza nel Wisconsin per sfidarlo, trasformando quella città-simbolo, rimossa dalla narrazione ufficiale, nel palcoscenico della politica nazionale.

Non è un caso che nell’anno della pandemia Irresistible (ora disponibile su Chili, Rakuten TV e altre piattaforme) sia risultato uno dei titoli on demand più visti negli States: raramente negli ultimi tempi il discorso politico è stato così incandescente e divisivo, come dimostrano i movimenti di protesta e la massiccia affluenza al voto. Sarà proprio per i contraccolpi del contesto sociale che i critici d’oltreoceano si aspettavano dal film di Stewart qualcosa di più battagliero e non quella che hanno definito una satira morbida e maldestra.

Sarà, ma in fin dei conti Irresistible è già un film bideniano: la politica si occupa del bene comune, sì, ma per perseguirlo deve guardare anche nelle zone d’ombra della popolazione, perché si vince con i numeri in profondità e non con i big data. Stewart non è Frank Capra, ma questo “Mister Zimmer va nel Wisconsin” andrebbe somministrato a quei liberal metropolitani che hanno confuso i (bi)sogni del Paese Reale con la retorica della Pancia del Paese. Ad avercene, diciamolo, di umorismo così confortante: una commedia che unisce, per dirla come Uncle Joe.