Autore di culto dedito a raccontare i lati oscuri degli adolescenti, suoi Doom Generation ed Ecstasy Generation, Gregg Araki torna a confrontarsi con un argomento tabù, la pedofilia. E lo fa sì con crudezza ma con una compassione che dovrebbe mettere Mysterious Skin al riparo dal pericolo di essere etichettato come film scandalo. Chi pensasse di farlo farebbe danno a un'opera che indaga con consapevolezza le radici di una delle peggiori piaghe dei nostri tristi anni. Difficile infatti definire in maniera diversa il dramma dei bambini costretti a subire le attenzioni indesiderate da parte degli adulti, come capita ai piccoli Brian e Neil. Protagonisti loro malgrado di una vicenda che li segna per sempre, i due sono mostrati in diverse fasi della vita, dalla comune violenza fino alla definitiva accettazione, anni dopo, dell'accaduto, atto che permette il rimarginarsi delle ferite interiori ma non la scomparsa delle cicatrici. Quelle restano, pesanti, visibili, appena sostenibili. Ma la forza del film oltre che nel definire i diversi percorsi psicologici e di vita che Brian e Neil intraprendono come risposta al dramma vissuto, sta nel descrivere senza emettere giudizi il mondo degli adulti che li circonda. Neil non ha mai conosciuto il padre, vive con la madre che lo ama pazzamente ma non è mai cresciuta, eterna bambina incapace di dare un senso agli atteggiamenti del figlio. Brian al contrario ha una famiglia modello americano che ignora il male, e infatti non comprende cosa tormenti il piccolo diventato improvvisamente taciturno e introverso. Nessuno di loro è veramente colpevole, semplicemente inadeguato. La vicenda ha il suo scioglimento in una notte di Natale, quando dopo tanti anni i due si incontrano di nuovo: Neil trova la forza di piangere sulla sua vita di adolescente perduto, Brian quella di portare alla luce una violenza troppo a lungo rimossa. Insieme si abbandonano alle lacrime, cullati dai canti di Natale. Forse torneranno a vivere, ma nulla sarà più come prima.