PHOTO
Il sentiero azzurro
Avrebbe potuto chiamarsi “Apocalipse agora!”, perché, come il capitano Willard risale il Mekong e scopre la propria vera natura e identità, così fa Tereza nella sua fuga lungo il Rio delle Amazzoni. Parliamo di Il sentiero azzurro di Gabriel Mascaro, presentato all’ultima Berlinale, dove ha vinto l’Orso d’argento - Gran premio della giuria (in sostanza la seconda statuetta più prestigiosa) e il Premio della Giuria ecumenica.
Tereza è una donna brasiliana che, compiuti i 77 anni, viene privata di ogni diritto civile come tutti i suoi coetanei. In questa realtà parallela e distopica (ma non troppo), infatti, le persone anziane subiscono il trasferimento in una non meglio specificata “colonia”, descritta dal governo come un premio, il riconoscimento definitivo della società, un luogo dove fare finalmente esperienza di una “dignità”.


Il sentiero azzurro
Dopo aver passato una vita a lavorare duramente per mantenere sé stessa e la famiglia, Tereza fugge a caccia di un sogno: non ha mai preso un aereo in vita sua e vorrebbe farlo prima di morire, ma senza diritti non può semplicemente comprare un biglietto aereo. Così, si dà letteralmente alla macchia per evitare di essere ricatturata dagli agenti incaricati di trovare e deportare gli anziani nelle colonie.
Perché desiderare di volare? È un modo per razionalizzare la repressa brama di libertà, che probabilmente Tereza non ha mai vissuto. Così, il viaggio si trasforma in avventura, in un pellegrinaggio che non può essere fatto in solitaria, ma insieme a temporanei alleati tra persone mai incontrate prima nel sottobosco dell’Amazzonia. Non è la ricerca dell’Eldorado a guidare la protagonista; l’Eldorado, la società del capitale, dove il valore delle persone è stimato sulla base della produttività, se lo lascia alle spalle. Non il giallo dell’oro, dunque, ma il mito di o último azul (titolo originale del film), “ultimo” nel senso di estremo e definitivo come il mito greco dell’ultima Thule, “azzurro” come l’altrettanto mitica bava allucinogena di una rara chiocciola amazzonica: ne basta una goccia colata nell’occhio per veder rivelato il proprio futuro. Insomma, Apocalypse Now!


Il sentiero azzurro
È un film che avrebbe potuto facilmente scadere in una facile satira politica. Le ironie da social sul mondo odierno ispirato da Orwell e Huxley, però, non sono l’obiettivo del regista Mascaro e del co-sceneggiatore Tibério Azul. L’improbabile e originale eroina di Il sentiero azzurro ci dice che la ricerca della libertà non è appannaggio esclusivo dei giovani di ogni generazione, ma di qualunque essere umano, e che non è mai troppo tardi per cercare sé stessi. Per questo la luce è diversa rispetto alla classica distopia e i colori sono nitidi, vividi e distinti: davanti agli occhi della protagonista non c’è la disperazione, ma la speranza.
Il film è sulle forti spalle di Denise Weinberg, di una decina d’anni più giovane del personaggio Tereza, navigata attrice teatrale brasiliana, vincitrice di numerosi premi in patria, che qui interpreta il ruolo più importante della sua carriera in maniera magistrale.