Il resto della notte sa di amaro per l'uomo di oggi. Caduto in una crisi che attraversa lingue, provenienze e conti in banca. Francesco Munzi lo pensa, lo dice e lo mette in scena. Dopo il notevole esordio con Saimir, il 41enne regista romano si conferma avido indagatore di vite ordinarie, che restituisce senza banalità. E con atmosfere di genere interessanti. Ispirato dal nero della cronaca, costruisce un racconto bipartisan italo-rumeno, che la drammatica attualità trasforma in film politico. Protagonista, accanto al coro di individui alla ricerca di una speranza, è il gelo di un Nord implacabile, dove tutto si inventa per poi (auto)distruggersi. Il finale è aperto ed è lì che vuole appoggiarsi l'etica del regista, compensando l'eccesso di pessimismo che percorre l'intero lavoro.