La tv trasmette ancora Non è la rai e Ok, il prezzo è il giusto!, un imprenditore si candida prepotentemente come nuovo sindaco (qui è Vito Cicerone, ma l'aggancio è con Giancarlo Cito di Antenna Taranto 6…), i fumi e il cemento dell'Italsider corrompono l'armonia circostante: Il paese delle spose infelici di Mario Desiati (ed. Mondadori) - romanzo di formazione ambientato a cavallo tra gli anni '80 e '90 - si fa immagine grazie a Pippo Mezzapesa, regista pugliese (di Bitonto) finalmente all'esordio in un lungometraggio di finzione dopo molti cortometraggi premiati e la docufiction Pinuccio Lovero – Sogno di una morte di mezza estate.
La nuova amicizia tra Veleno e Zazà (Nicholas Orzella e Luca Schipani, per la prima volta sullo schermo), quindicenni di diversissima estrazione, sarà messa alla prova, se non rafforzata, dopo la visione, l'incontro, la nascita di un ulteriore rapporto: quello con Annalisa (l'italo-franco-argentina Aylin Prandi), “madonna randagia dal fitto mistero” che segnerà senza rimedio il faticoso incedere di un'età “che è passaggio”. Transizione che per Mezzapesa diventa fulcro di un racconto dai molteplici sfondi - la criminalità giovanile, l'assenza di punti di riferimento, la politica-spettacolo, la speranza di un futuro migliore affidata al talento calcistico di Zazà - asciugato profondamente rispetto al libro di Desiati, sospeso in un periodo storico suggerito prima che “mostrato”, alimentato dall'energia quasi incontrollabile dei tanti - oltre ai due protagonisti - ragazzini che popolano quasi ogni inquadratura, ogni respiro: Il paese delle spose infelici - in Concorso al festival capitolino, poi in sala dall'11 novembre con Fandango, che l'ha prodotto in collaborazione con l'Apulia Film Commission - è la storia di Veleno e Zazà, di un'amicizia forse impossibile, di un luogo riscaldato dal sole ma congelato dall'assenza di prospettive, di un sogno irraggiungibile (Annalisa), di una fuga possibile. La nostra storia?