Ogni generazione ha il suo adattamento di un grande classico della letteratura, una trasposizione che, oltre a rinsaldare il legame tra l’intramontabile testo e i suoi nuovi lettori, cerca di rispondere alle esigenze degli spettatori nel modo più ecumenico possibile. Sicché di fronte all’ennesimo adattamento de Il giardino segreto (il decimo in un secolo, tra film, sceneggiati, cartoon) l’interesse non sta tanto nel quel che si vede sullo schermo – pensato per il grande ma nella maggior parte dei mercati e finito in quello piccolo a causa della pandemia (da noi è su Amazon Prime Video, dal 10 dicembre) – ma nel come si è voluto tradurre il romanzo.

Dall’originale collocazione agli albori del secolo, in un periodo che precede la Prima guerra mondiale, si passa al 1947, ciò dopo la Seconda. Un dato decisivo, che permette anche l’aggiornamento delle etnie di alcuni personaggi, con criteri lontani dalle brillanti riformulazioni del David Copperfield di Armando Iannucci e più vicini a raggiungere maggiori inclusione nei cast e possibile riconoscimento da parte di una vasta platea.

La storia è nota: Mary, viziata orfana cresciuta senza amore nella colonia indiana, finisce nello Yorkshire, nella grande casa di un ricco zio vedovo diventato suo tutore, sotto il controllo di una severa governante. Repressione chiama trasgressione, dunque Mary si avventura oltre il muro della villa e scopre il giardino segreto in cui la defunta zia trascorreva il tempo e dove, povera lei, morì. Poi Mary si accorge che nella casa c’è anche il cugino Colin, costretto a letto e distrutto dal dolore per la morte della madre: lo conduce fuori dalla stanza e, insieme a un contadinello, scoprono le gioie del giardino.

Film come questo hanno il chiaro obiettivo di offrire ai giovanissimi un racconto per immagini che sia edificante e formativo. E in questo senso Il giardino segreto dell’onesto Marc Munden (all’attivo la serie Utopia) è esemplare nel dialogare con gli spettatori contemporanei, riuscendo a trovare un equilibrio tra gli umori della tradizione e i colori di un cripto-fantasy. Gradevole, ma anche molto facile: un tempo si sarebbe detto “televisivo”, oggi possiamo dire canonico, accogliente, più calligrafico che classico. Meglio gli adulti dei ragazzi, bisogna dirlo: divertenti Julie Walters (la governante) e Colin Firth (lo zio), con quel tipico atteggiamento da grandi istrioni britannici alle prese con la routine.