Quando aveva appena sette anni, il peruviano José Adolfo Quisocala ideò quella che potremmo definire sinteticamente “la banca dei bambini”, la prima cassa di risparmio destinata ai più piccoli. Per combattere la povertà dilagante, creò un sistema secondo cui, in cambio di rifiuti, i bambini possono ricevere delle risorse finanziarie sui personali conti correnti da investire per la loro istruzione. Un’invenzione straordinaria, considerando per di più l’età verde di José: come scrisse qualcuno tempo fa, saranno i ragazzini a salvare il mondo.

Il futuro siamo noi vuole raccontare e condividere le storie esemplari di chi, dall’India alla Francia passando per la Bolivia e gli Stati Uniti, combatte una lotta quotidiana per raddrizzare le storture della società. Dalle battaglie contro i matrimoni precoci allo sfruttamento minorile, passando per l’assistenza ai senzatetto dimenticati dalle istituzioni fino alla tutela degli animali in via d’estinzione e di un pianeta devastato dai cambiamenti climatici.

Scendendo in campo per fronteggiare situazioni più grandi di loro, i bambini svelano i limiti degli adulti e lo scandalo del potere: non si tratta tanto di scelte politiche o economiche, quanto piuttosto una questione morale, etica, civile.

 

C’è la consapevolezza di non poter risolvere ogni disfunzione, ma c’è anche la naturale vocazione a voler essere parte di un cambiamento che dal particolare possa proiettarsi sull’universale: saranno anche i gesti più semplici, le azioni meno fragorose, le piccole rivoluzioni a costruire il mondo di domani, nella speranza che chi oggi governa possa ritrovare prima o poi l’autenticità dello sguardo infantile.

E quando un adulto cerca di ridimensionare il limpido entusiasmo del bambino, ecco che quella purezza s’impone all’orizzonte. “Non puoi alleviare le sofferenze di tutti”, dice il padre al decenne Arthur, che dona cibo e attenzioni ai clochard, ricevendo per tutta risposta un’evidenza spiazzante, un entusiasmo a tratti commovente: “Ma ci posso provare!”.