L’altra faccia di BlacKkKlansman. Nel film di Spike Lee del 2018 si raccontava la storia di Ron Stallworth, poliziotto di colore che negli anni Settanta era riuscito a infiltrarsi nel Ku Klux Klan. Oggi in Il colore della libertà succede il contrario: un ragazzo bianco si unisce agli attivisti afroamericani per difendere i loro diritti. Siamo in Alabama, negli anni Sessanta. Il suo nome è Bob Zellner. È il nipote di un membro del Klan, ma il suo pensiero è ben diverso da quello del nonno.

Qui Spike Lee compare tra i produttori, mentre dietro la macchina da presa c’è Barry Alexander Brown, storico montatore proprio di Spike Lee. Il suo talento lo si vede nell’utilizzo del materiale di repertorio, nelle sequenze anche ironiche a cui riesce a dar vita alternando immagini a colori e in bianco e nero, nel volersi rivolgere direttamente allo spettatore.

Forse gli manca la grinta del maestro. La sua è una regia quieta, posata, che tocca ferite difficili da rimarginare. Il pregio di Il colore della libertà è di non essere mai urlato, ma di mettere in scena con rigore i soprusi e le ingiustizie, infiammandosi solo quando è il momento. Senza mai accostarsi al cinema di John Singleton o alle battaglie di Ava DuVernay, Brown trova la sua cifra stilistica nei legami tra i suoi protagonisti, nella forza delle loro relazioni.

 

Il tema è quello dell’uguaglianza, s’intende. La peculiarità però è di focalizzarsi sugli opposti. Interessante la sequenza in cui il razzismo si sviluppa al contrario. Zellner è seduto in un locale, sta bevendo un caffè. Viene “aggredito” da un uomo di colore, che glielo rovescia sulla camicia. Brown ragiona su una discriminazione che assume un valore universale, che non si ferma davanti alle apparenze.

Il grande schermo spesso ci ha mostrato un odio razziale che si scatena anche tra persone con la stessa pelle. Da qui nasce il titolo: Il colore della libertà. Non è una questione di cromature, ma di animo umano, avvelenato e poco attento all’altro. Il film è tratto dall’autobiografia di Zellner, che ha ottantadue anni e vive in Florida. È stato un membro di spicco dello Student Nonviolent Coordinating Commitee (SNCC), uno dei principali movimenti che hanno combattuto la segregazione nel Sud degli Stati Uniti.