L'uomo è fatto per essere felice per dei semplici motivi e infelice per dei motivi ancora piu semplici, afferma il turco Nuri Bilge Ceylan. La ragione per cui Isa, il protagonista del suo Iklimler, dovrebbe sentirsi il più appagato dei mortali, e racchiuso nella bellezza morbida e misteriosa della giovane Bahar. Sembrano innamorati, sereni sotto il sole estivo che scalda la pelle e l'anima, ma Bahar volta lo sguardo e piange silenziosa. Inevitabile la separazione. Lei torna al lavoro di segretaria di edizione, lui agli studi di professore universitario. Arriva l'autunno, Isa è immerso in un altro clima e conosce un altro corpo di donna mentre Bahar per dimenticare accetta un contratto che la porta lontano. Ecco l'inverno con la neve e il gelo, Isa ha freddo, il cuore ha bisogno del calore di Bahar. è l'ultimo incontro, quello dell'addio definitivo. In 98 minuti all'interno dei quali alle parole è lasciato ben poco spazio Ceylan, anche attore pricipale, racconta una vicenda ai limiti del banale. Ma banale non è il linguaggio scelto per farlo, costruito su immagini perfette eppure prive di qualsiasi formalismo. Le inquadrature incorniciano primi piani o si allargano a catturare orizzonti infiniti, e i paesaggi parlano di solitudine non meno dei volti. Cineasta raffinato, parente di Antonioni ma con un tocco di consapevole ironia che il regista italiano non ha mai posseduto, Ceylan conferma con Iklimler il talento che lo aveva posto sotto i riflettori proprio a Cannes nel 2003. E chissà che Won Kar-wai non resti colpito da questa storia di disamore causato dall'impossibilità di sostenere il peso della felicità.