In attesa di vederlo nei panni di Francesco Totti nella serie Speravo de morì prima, Pietro Castellitto (classe 1991) porta in Orizzonti a Venezia 77 la sua opera prima. E a suo modo sorprende.

È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo (Vinicio Marchioni) bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche.

Due torti subiti. Due famiglie apparentemente incompatibili: i Pavone e i Vismara. Borghese e intellettuale la prima, proletaria e fascista la seconda. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla, Roma.

Un banale incidente farà collidere quei due poli. E la follia di un ragazzo di 25 anni scoprirà le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti predatori.

Portatore sano di una lucida, irresistibile follia, Castellitto, anche autore di soggetto e sceneggiatura - nel film è Federico, il giovane assistente di filosofia, figlio di un chirurgo (Massimo Popolizio) e di un'affermata regista cinematografica, nevrotica e dispotica (Manuela Mandracchia) - confeziona un esplosivo, dissacrante, divertente e disperato ritratto dei nostri giorni.

I predatori @Matteo Vieille

Forte di uno stile già abbastanza riconoscibile, l'attore figlio d'arte (chissà se il papà Sergio e la mamma Margaret Mazzantini si riconosceranno in qualche cosa...) gioca sul parossismo di situazioni apparentemente normali portate al limite, dirige con disinvoltura ben più che discreta un ottimo cast - splendidi i vari Giorgio Montanini, Claudio Camilli e Antonio Gerardi nella caratterizzazione dei fasci/burini/trafficanti d'armi Vismara, soprattutto riesce nella non facile impresa di liberare reazioni di risate improvvise per poi farti ripiombare in uno stato di tristezza infinito.

Molti i momenti cult, dal barbecue nella tenuta di campagna dei Vismara all'elegante (?) cena in ristorante con i parenti per il compleanno della nonna 90enne dei Pavone, passando per la distruzione di un enorme salvadanaio utilizzando come martello uno dei tanti David di Donatello vinti dalla mamma regista.

Insomma, al netto di qualche comprensibile, più che perdonabile scivolatina, I predatori non fa prigionieri: fresco nella scrittura, libero nella messa in scena, un esordio da non sottovalutare.