Tina è una doganiera con una dote particolare, riesce a fiutare (letteralmente) il passaggio di ogni malintenzionato. Avviene così che contribuisce a mettere la polizia sulle tracce di un terribile giro di pedofili.

Allo stesso tempo, però, non riesce ad inquadrare un misterioso viaggiatore, Vore, al punto di innamorarsene.

Sulla carta il film di Ali Abbasi, regista nato in Iran ma ormai cittadino danese, è un thriller dalle consuete atmosfere scandinave, con traghetti in continuo transito e boschi misteriosi sullo sfondo.

 

Ma le fattezze del personaggio protagonista e, poco dopo, del misterioso viandante così simile a lei, spostano il terreno dell’opera dalle parti del fantasy horror metafisico: Tina (la trasformazione di Eva Melander è a dir poco… spaventosa) è infatti una “donna” con un “cromosoma difettoso”, almeno questo è quello che le hanno sempre raccontato da quando è piccola: nel viso e nel corpo, e all’indomani dell’incontro con Vore anche nell’animo, è lampante che i tratti ferini di una misteriosa bestialità ne caratterizzano l’esistenza.

A suo modo magnetico e irrituale, Gräns (“confine”) paga però alla lunga questa insistita ricercatezza di senso – oltre che identitaria – finendo per sfociare in territori a dir poco inverosimili: per carità, quando si tratta di proporre riflessioni sulle problematiche relative alla diversità (in definitiva i due protagonisti sono dei... troll) e ai soprusi ogni arma è valida, a patto di non pigiare troppo sul pedale dell’improbabile.

Vincitore della sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2018.