La folgorazione nel 1952, l’ascesa e la costruzione di un impero. Michael Showalter porta sullo schermo la vera storia di Tammy Faye (Jessica Chastain) e suo marito Jim Bakker (Andrew Garfield), che nel corso degli anni ’70 crearono la più nota rete televisiva di trasmissioni religiose al mondo, arrivando ad ottenere – con l’avvento del satellite – medie di 20 milioni di telespettatori al giorno.

Basato sull’omonimo documentario del 2000 diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato, Gli occhi di Tammy Faye racconta in maniera abbastanza canonica il percorso che porterà prima all’enorme notorietà poi alla terribile caduta questa coppia di invasati: ambiguo e calcolatore lui, tremendamente naif lei, finiranno nell’occhio del ciclone quando Jim sarà accusato di truffa, frode fiscale, uso improprio dei fondi raccolti dalle donazioni che arrivavano dagli “associati”, oltre ad uno scandalo sessuale che lo vedeva invischiato in una storia di stupro.

Il film segue più nel dettaglio – come da titolo – la vicenda personale di Tammy Faye, bambina poi ragazza poi donna di umili origini che arrivò ad essere idolatrata dal pubblico per il suo messaggio di amore, compassione e gioia, diventando una sorta di leggenda per le sue ciglia finte, il suo modo di cantare e la voglia di accogliere persone di ogni estrazione sociale, addirittura (per quell’epoca, gli anni ’80) provando a sfondare il tabù dell’omofobia che, naturalmente, era argomento impensabile da affrontare in trasmissioni di un certo tipo.

Chiamati ad una performance giocoforza ben al di sopra delle righe (soprattutto la Chastain, con quella risatina stridula e in alcuni frangenti difficilmente riconoscibile sotto quei chili di trucco), i due protagonisti fanno il possibile per tenere in piedi l’intera ricostruzione, tra alti e – soprattutto – bassi di un rapporto coniugale che al di fuori delle telecamere non funzionava più da anni, nonostante la nascita di due figli.

Andrew Garfield as "Jim Bakker" and Jessica Chastain as "Tammy Faye Bakker" in the film THE EYES OF TAMMY FAYE. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2021 20th Century Studios All Rights Reserved

Fondamentalmente medio, il film di Showalter – che apre la XVI Festa del Cinema di Roma – illustra dunque questo percorso di ascesa e caduta (i Bakker costruirono anche un parco a tema cristiano, Heritage USA, in Carolina del Sud), accennando agli stretti legami che trasmissioni e personaggi di quel tipo finivano per instaurare anche con le più alte sfere politiche della nazione, ma è appunto un’illustrazione che manca di quello sguardo necessario per tentare un ragionamento più profondo e destinato a rimanere.

Anche se, va riconosciuto, quel Battle Hymn of the Republic (Glory, Glory halleluhja, per intenderci) che una Tammy Faye/Jessica Chastain invecchiata e appesantita (comunque sempre sotto quintali di trucco, matita permanente sulle labbra e ciglia finte) interpreta nel finale – con annessa allucinazione – vale più dell’insieme di molte altre scene precedenti.