Tim Robbins da sempre spende energie, idee e soldi personali in favore della causa pacifista. Con la moglie Susan Sarandon forma la coppia più impegnata del cinema americano, quella che nemmeno la notte degli Oscar perde occasione per ricordare il proprio impegno sociale. Sforzi e budget in gran parte di tasca propria anche per la piccola produzione messa insieme al fine di realizzare le riprese dello spettacolo teatrale Embedded, da Robbins messo in scena con successo a New York durante la passata stagione. Il film, girato in digitale, altro non è che la testimonianza filmata della piéce, arricchita però dalle reazioni del pubblico, dalle risate, dagli sguardi indignati di fronte alla realtà rappresentata. Non basta infatti il linguaggio grottesco a garantire distacco, gli errori dei potenti e gli orrori della guerra sono sotto gli occhi di tutti. Robbins e gli altri bravissimi attori danno vita a un'azione che racconta due momenti paradigmatici della guerra in Iraq: la vita dei soldati al fronte, le tragicomiche vicende di un gruppo di giornalisti al seguito di un capitano che li tratta come sottoposti. A fare da contrappunto, come in una tragedia greca, un coro ghignante di facce deformate dal potere tra le quali spiccano quelle di Bush, Rice, Rumsfeld. Burattinai e burattini, secondo un gioco ben noto. Robbins, fedele all'intento di documentare una performance teatrale, non forza mai la regia, non concede inutili primi piani, non cerca l'effetto. Si limita a creare inquadrature spesso frontali, a riprendere i personaggi in campo lungo o in piano americano, affidando la capacità di impatto alle parole. Sono del resto loro l'ossatura portante di un'opera che vuole far riflettere, oltre che divertire. Questo non significa che le immagini non siano curate, ché anzi Robbins dà una lezione di come il teatro possa diventare cinema. Oltre a quella, non meno significativa, di come si coniugano stile e basso budget. Da vedere e rivedere nelle scuole di cinema.