Reduce da un clamoroso fiasco - che ha causato un deficit di circa 1 miliardo di dollari per l'azienda - un disegnatore di scarpe, Drew (Orlando Bloom), viene sorpreso nella sua depressione dall'improvvisa morte del padre. Incaricato dalla famiglia, il ragazzo dovrà recarsi nel Kentucky, ad Elizabethtown, per discutere delle modalità di sepoltura e presenziare la cerimonia commemorativa. Sull'aereo conosce Claire (Kirsten Dunst), bella hostess che finirà per travolgerlo con il suo inarrestabile ottimismo aiutandolo, poco a poco, a vedere la vita da un'altra prospettiva. Ibrida commedia che alterna frammenti notevoli a flessioni preoccupanti, Elizabethtown non fa altro che confermare l'altalenante, presunto talento che accompagna Cameron Crowe sin dai tempi di Non per soldi ma per amore. A tratti divertente (l'incontro con il capo, Alec Baldwin) e velatamente malinconico (quasi struggente, nella sua leggerezza, il tip-tap ballato dalla vedova Susan Sarandon), il film regala il meglio di sé in prossimità del finale, con quel viaggio on the road attraverso l'America commentato da una colonna sonora da urlo, elemento - questo sì, considerati i trascorsi da critico musicale - da sempre impeccabile nella filmografia di Crowe. Note: la versione per le sale è stata leggermente tagliata (di circa 10') e modificata dallo stesso regista rispetto alla copia presentata, fuori concorso, a Venezia62.