Il cinema è il luogo dei sogni per eccellenza. Attraverso le sue storie si può sfuggire alla realtà, proiettarsi in altri mondi possibili e impossibili. Il regista Adam McKay ribalta i canoni già dal titolo: Don’t Look Up, non guardare in alto. Non luccicano più le stelle, anzi sono nostre nemiche, e una di loro sta per distruggere il pianeta. McKay questa volta si confronta con l’apocalisse, mantenendo ben riconoscibile la sua cifra espressiva.

Il suo obiettivo è sempre stato quello di destrutturare il mito con una satira pungente. Pensiamo ai titoli di coda di Vice - L’uomo nell’ombra. Si ballava sulle note di America di West Side Story. “I like the shores of America, comfort is yours in America…”. Gli Stati Uniti venivano mostrati con la lente del cinismo, messi a nudo e condannati. Il perno era Dick Cheney, il braccio destro di Bush. Facendo un passo indietro, con La grande scommessa si raccontava la crisi economica, il collasso del sistema. Il crollo del nostro tempo è quindi un tema ricorrente per McKay. E questa volta assume una forma definitiva, è come se il cineasta avvertisse l’urgenza di dire che l’orologio di questa società sta per fermarsi.

Prima il crollo di Wall Street, poi il massacro politico dell’era Bush, e adesso l’armageddon. Mentre in passato puntava il dito contro la Storia, qui lo sguardo è verso ciò che verrà. Lo recita il claim sul poster: “Basato su fatti realmente possibili”. Ed è proprio qui il gioco di prestigio. Rendere l’assurdo qualcosa di tangibile, contemporaneo, quando i giochi di potere si fanno spietati.

Il presidente degli USA è una donna, sulla scrivania ha una foto in cui abbraccia con passione Bill Clinton (sarà Hillary Clinton?), il guru che dovrebbe salvarci è un genio che ha fondato l’azienda tecnologica del futuro (sarà Steve Jobs?). Intanto a Washington troneggia anche un ritratto di Nixon, presentato come il modello da seguire. Chi ha il dito sul pulsante ignora il pericolo, lo manipola per ottenere consensi, insegue il tornaconto da inserire nel proprio portafoglio.

McKay si fa portavoce del pessimismo dei nostri giorni, ma senza perdere il tocco ironico. Battute al vetriolo, ammicchi sfrontati, un assedio senza fine alla società del consenso. Nel mirino ci sono i social, la cultura che ha ceduto il passo al gossip, i like che valgono più della scienza. “Avevamo tutto”, dice DiCaprio in una delle sequenze più incisive. Don’t Look Up non risparmia gli eccessi, anzi li esaspera, diventando lo specchio deformante di ciò che ci circonda.

 

DON'T LOOK UP (L to R) CATE BLANCHETT as BRIE EVANTEE, TYLER PERRY as JACK BREMMER, LEONARDO DICAPRIO as DR. RANDALL MINDY, JENNIFER LAWRENCE as KATE DIBIASKY, Cr. NIKO TAVERNISE/NETFLIX © 2021
DON'T LOOK UP (L to R) CATE BLANCHETT as BRIE EVANTEE, TYLER PERRY as JACK BREMMER, LEONARDO DICAPRIO as DR. RANDALL MINDY, JENNIFER LAWRENCE as KATE DIBIASKY, Cr. NIKO TAVERNISE/NETFLIX © 2021
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Rielabora le regole del genere, anche se in modo meno ispirato che in altre occasioni. Qui la narrazione è meno creativa nell’accostamento delle immagini. Non c’è Margot Robbie nella vasca che spiega le criticità dei mutui subprime o il pesce preso all’amo mentre Cheney ottiene quello che vuole da Bush. Ma nell’ambizione dell’affresco corale, McKay si riconferma implacabile testimone di una realtà sull’orlo del baratro. Cast all stars: Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Mark Rylance, Jonah Hill, Timothée Chalamet, Cate Blanchett. In sala dall’8 dicembre e su Netflix dal 24.