Irriverente, volgare, da tenere lontano dalla portata dei bambini. Il suo volto sembra uscito da un horror di Wes Craven. Si nasconde dietro a una tuta rossa e nera, ma non è uno Spiderman 2.0, anche se ha uno “spiccato” senso dell’umorismo. Il suo nome è Wade Wilson (meglio conosciuto come Deadpool), il supereroe più pericoloso della Marvel. Con la sua prima avventura ha guadagnato quasi ottocento milioni di dollari in tutto il mondo.

L’obiettivo era di dar vita a un fumettone ultraviolento, sboccato e sessualmente esplicito, per dimostrare che non tutti i paladini devono avere il cuore buono. È un cavaliere oscuro disturbato, sempre pronto a scatenare il finimondo con il fascino del badass di turno. Però in Deadpool 2 è meno debordante del solito. Mantiene lo spirito del ragazzaccio di periferia, ma forse il cambio dietro la macchina da presa (da Tim Miller a David Leitch) non ha giovato al franchise.

 

Per trovare una sua originalità, il film impiega almeno mezz’ora. Prima non offre niente di nuovo, con un inizio molto classico che strizza l’occhio al revenge movie. La regina del castello viene uccisa dai cattivi e il nostro eroe vorrebbe farla finita, sparire dalla circolazione per riunirsi con la sua famiglia. Ma Deadpool è immortale, e anche quando gli strappano le gambe riesce a sopravvivere.

Il regista vorrebbe mostrare una nuova maturità del personaggio, che accarezza anche l’idea di diventare padre. È strano vederlo inseguire la normalità. La sua fama deriva da un linguaggio scurrile e un comportamento da un Peter Pan sopra le righe. Qui invece sembra cercare di uniformarsi, di rientrare nei canoni e sviluppare uno spirito politically correct. Se la prende con i mutanti come Wolverine, massacrandoli con una matita, ma verso le persone comuni si dimostra più indulgente. Protegge gli indifesi e rischia la vita per quello che è giusto.

Le sequenze più riuscite sono quelle in cui Wade è sospeso tra il quotidiano e l’aldilà, quando dimentica gli eccessi e si ricorda di voler bene agli altri. Il suo sguardo è sincero e per un attimo si dimentica le spade. Peccato per la demenzialità esagerata, per alcuni passaggi forzati che sembrano essere dettati dalla necessità di raggiungere i fatidici centoventi minuti.

Questa volta Deadpool deve confrontarsi con Cable, un Josh Brolin dall’espressione corrucciata che arriva dal futuro. Si respira l’aria di Terminator e del suo: “Vieni con me se vuoi vivere”. Cable non ha il fascino di Thanos, il villain di Avengers: Infinity War, e regala un colpo di scena solo verso il finale. Per il resto è un “androide” sottotono, votato alla distruzione e poco caratterizzato. Grugnisce, digrigna i denti, il suo “cannone” ipertecnologico è un avversario difficile da battere, e forse sarebbe più adatto a un videogioco che al grande schermo. Deadpool 2 è una bolla di sapone, che rischia di scoppiare da un momento all’altro. Riuscirà a convincere i fan?