È il 1969 quando Mario Vargas Llosa pubblica il capolavoro Conversazione nella cattedrale, nel cui incipit si chiede: “in che momento il Perù si era fottuto?”. Per Alessandro Bignami, regista del documentario Colpiti al cuore, è naturale parafrasare la domanda: in che momento l’Italia si era fottuta?

Per scoprirlo, sceglie Luciano Bianciardi come interprete meno apologetico del crinale tra il miracolo economico e gli anni di piombo. La vita agra rivive attraverso la voce di uno scrittore contemporaneo: Giuseppe Genna, nato a Milano il 12 dicembre 1969. Mentre Genna viene alla luce, una bomba esplode nella Banca dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano. L’Italia cade nel buio e Gianni Morandi canta Bella Belinda.

Bignami ha l’arguzia, specie in documentario che individua nel cinema la chiave per leggere la storia, di sottolineare una coincidenza davvero interessante. Il campione d’incassi della stagione 1969-‘70, punto di partenza di questa ricognizione sugli anni di piombo, è Nell’anno del Signore di Luigi Magni. Il pubblico è cosciente di vedere un film che, pur raccontando di due carbonari condannati a morte nella Roma papalina, sta alludendo al Sessantotto? E che per di più già si proietta verso il decennio che sta per cominciare?

Il progetto di Colpiti al cuore converge con quello di Citizen Rosi: il cinema italiano è una lente attraverso la quale si può vedere e comprendere la storia italiana. Talmente efficace e calato nella realtà da intercettare gli eventi prima che accadano. Come nel caso di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, uscito nel febbraio 1970 e scambiato per un instant movie proprio sui contraccolpi di Piazza Fontana.

E la “morte accidentale” di Giuseppe Pinelli colpisce così tanto da essere citata in La polizia ringrazia, prototipo del poliziottesco. Perché anche il genere, western compreso, ha affrontato la realtà del piombo per strada e dello stragismo, non solo i grandi spettacoli d’autore di Francesco Rosi e Elio Petri.

Ma Colpiti al cuore – che deve il suo titolo al grande film di Gianni Amelio, il più incisivo nel raccontare i riflessi privati della tragedia del terrorismo – non racconta il cinema di piombo in diretta, quello compreso tra Indagine e Maledetti vi amerò (1980), debutto di Marco Tullio Giordana, regista nel 2012 di Romanzo di una strage su Piazza Fontana.

Come a voler sottolineare quanto quella stagione sia determinante da ormai quasi mezzo secolo, Bignami intervista anche registi che hanno esordito dopo quella stagione. Nella fattispecie Wilma Labate (La mia generazione, Signorina Effe sui 35 giorni della Fiat) e Renato De Maria (La prima linea). E chiude con Il muro di gomma di Marco Risi, individuando nella strage di Ustica il terminale della deflagrazione di Piazza Fontana.

Certo, appare un po’ limitante circoscrivere l’esperienza di Marco Bellocchio – la cui carriera è spiritualmente tutta dentro la frattura degli anni di piombo – al comunque smisurato Buongiorno, notte, ma con il vincolo della durata di cinquanta minuti forse non si poteva fare di meglio.