Il dilemma è sempre quello: di chi sono i nostri giorni? E ancora: meglio aggiungere vita ai giorni o giorni alla vita? Sono domande che s’attagliano a Marie, ottant’anni, una malattia che non lascia scampo e l’obiettivo di chiudere la partita andando in Svizzera. Ma, si sa, non si finisce mai di essere madri, specie se i figli sono quello che sono, irresponsabile e inaffidabile come il suo, a sua volta alle prese con le paturnie adolescenziali della di lui figlia. E allora che fare? La signora va nel panico, millanta un’eredità da riscattare in una banca svizzera e, a bordo del vecchio camper di famiglia, si mette in viaggio con figlio, nipote e un assistente sanitario conosciuto solo il giorno prima (più il suo topo da compagnia).

On ira, ovvero Andremo, recita il titolo originale di Buon viaggio, Marie, opera prima che Enya Baroux ha realizzato ispirandosi alla vita della nonna. L’esperienza del lutto passa attraverso l’esercizio della grazia, il progetto reale sta nella ricomposizione di una famiglia a pezzetti, la commedia diventa la chiave d’accesso a un argomento tanto universale quanto controverso per alcuni. Scritto insieme a Martin Darondeau e Philippe Barrière, il film adotta il tipico stratagemma del cinema on the road, mettendo alla prova personaggi che devono superare le difficoltà nel percorso e risolvere i problemi pregressi all’avventura.

Buon viaggio, Marie
Buon viaggio, Marie

Buon viaggio, Marie

(Bonne Pioche Cinéma - Carnaval Production - Zinc)

E, consapevole della rilevanza sociale, culturale e perfino spirituale del tema, Baroux prende posizione – sono le immagini a parlare per lei – ma cerca di smussare gli angoli, favorire la conciliazione, prediligendo il pudore al sensazionalismo e il nitore alla semplificazione. Nella costellazione di riferimenti, la famiglia disfunzionale on the road di Little Miss Sunshine si incrocia con la messinscena di una “bugia buona” di The Farewell. Ovviamente, da attrice navigata e intelligente qual è, Hélène Vincent è straordinaria nello scandagliare ragioni e sentimenti di un personaggio larger than life nel suo minimalismo, in sintonia con il sempre mirabile Pierre Lottin (un ritorno dopo il gran duetto di Sotto le foglie di François Ozon).