Brad (anzi, chiamatelo Bradley…) è un energumeno alto quasi due metri, con una grossa croce tatuata sulla nuca pelata. Un passato da pugile e da alcolista (e altre cose, da dimenticare), viene licenziato dall’officina dove lavora e, lo stesso giorno, scopre che la moglie (Jennifer Carpenter) ha un altro. Le distrugge l’auto (a mani nude) ma, ritrovata la calma, stabilisce un nuovo patto con lei.

E le cose, diciotto mesi dopo, sembrano viaggiare sui binari giusti: il nuovo lavoro (corriere di un trafficante) va alla grande e, tra un centinaio di giorni, il sogno di diventare padre sarà realtà. Ma un ritiro della merce va male per colpa dei partner messicani, e Bradley viene arrestato. Il film può iniziare...

Dopo l'esordio cult con lo zombie-western Bone Tomahawk, S. Craig Zahler sposta lo scenario di riferimento ma non muta di un millimetro la poetica di inabissamento verso la morte (attraverso l'ultraviolenza), percorso necessario, inevitabile, per riscattare esistenze in bilico.

Il personaggio di Bradley (un Vince Vaughn spaventoso, a tratti confondibile con La Cosa della Marvel...) è di semplice lettura, in fondo: quello che è accaduto in passato, davvero, non lo sapremo mai (la gravidanza precedente andò male perché picchiò la moglie, forse?...), ma quello che accade ora lo capiamo e anche fin troppo bene. Arrivato in galera, sarebbe anche capace di trascorrere quei sette anni in pace e tranquillità, consapevole di dover sacrificare quel periodo della sua esistenza per ritrovare poi una famiglia ad attenderlo.

Ma basterà un infame ricatto (tra l'altro ingannevole) a trasformarlo in una macchina da guerra pur di salvare chi ama. E la discesa nell'abisso ha inizio. Qui, rispetto al film precedente, dove il gruppetto capeggiato dallo sceriffo Kurt Russell procedeva con difficoltà nelle lande assolate per salvare la donzella preda dei mostruosi cannibali, il percorso è ovviamente (e figurativamente) più estremo: da una prigione all'altra, con l'aumentare delle privazioni e delle violenze, aumenta anche il tasso di botte, ossa e schiene spezzate, crani spappolati sul pavimento, chi più ne ha più ne metta, insomma.

Estremo, e non per tutti, ma film che ancora una volta dimostra quanto Zahler (al lavoro sulle musiche anche qui) proceda secondo un'idea ben definita di messa in scena (ottimo il lavoro del sodale Benji Bakshi alle luci, con un approccio diametralmente opposto a quello di Bone Tomahawk), senza mai assecondare la sbrigatività a favore di un percorso ragionato, costruito, che conduce però sempre allo stesso luogo.