Bota Cafè, coprodotto da Italia e Albania, segna il debutto dietro la macchina da presa del duo Iris Elezi e Thomas Logoreci, lo stesso che firma la sceneggiatura insieme a Stefania Casini. Un piccolo ma prezioso dramma sull’Albania di oggi, sulle persone sopravvissute agli anni del comunismo.

Bota è un minuscolo caffè che si trova nel nulla. Un bar isolato e lontano dal centro abitato, nel bel mezzo di quello che più di un decennio fa era un campo di internamento per gli oppositori al regime comunista di Enver Hoxha. Nora (Fioralba Kryemadhi) lavora al Bota Cafè, è la cugina del proprietario. Ad affiancarla sul posto di lavoro, una giovane cameriera di nome Juli (Flonja Kodheli), amante di Beni (Artur Gorishti). L’uomo non solo ha una moglie che vive altrove, ma è talmente attaccato ai soldi da mettere cugina e amante in secondo piano. Juli ama Beni, ma Beni ama il denaro che in realtà è di Nora.

Nora è una ragazza semplice, acqua e sapone. È cresciuta con la nonna che si è presa cura di lei dopo la scomparsa della mamma, avvenuta durante la dittatura. La ragazza rappresenta il passato, l’Albania di 20 anni fa, ferma agli anni del regime. Juli, invece, è solare, vivace. Sogna un futuro migliore. È l’Albania di oggi, la speranza di una terra e di una popolazione che ha tanto sofferto e che piange ancora le vittime di quegli anni.

La narrazione cresce lentamente e acquista ritmo solo nell’ultima mezz’ora del film. Tutto si svolge all’interno e all’esterno del Bota Cafè, che letteralmente vuol dire “mondo”, e poche sono le scene lontane dal bar.

È un film che ruota attorno a intrighi e segreti inconfessabili che hanno a che fare con il passato. Un passato sempre presente, che tormenta l’oggi e rende difficile guardare oltre.

Bota Cafè ha diverse analogie con il film Bagdad Cafè del 1987, grande succeso di Percy Adlon in Italia. Nel primo gli avvenimenti si svolgono in un bar, nel secondo in un motel. Uno è ambientato nella terra di nessuno, l’altro nel deserto dell’Arizona. In entrambi si respira un’aria sporca e pittoresca, e i personaggi hanno qualcosa di irrisolto.

Bota Cafè è una danza nel deserto, fatta di gesti abitudinari, di silenzi e di speranza. Quest’ultima rappresentata da un’autostrada in costruzione a soli 10km dal bar. Una nuova via di congiungimento tra lo ieri e il domani. Una strada ignota, rischiosa ma affascinante. E in fine, a dare un tocco di allegria sono l’atmosfera folcloristica e la colonna sonora tipicamente balcanica.