Blaga (Eli Skorcheva), insegnante di settant’anni appena rimasta vedova, ha accumulato il piccolo capitale necessario per acquistare la tomba doppia nella quale prima o poi raggiungerà il marito. Non si fida delle banche, tiene tutto in casa, e quando resta vittima di una spettacolare truffa agli anziani è costretta a inventarsi qualcosa.

Se esistesse un girone infernale dei personaggi cinematografici, la Blaga del titolo (Blaga’s Lessons) sarebbe la prima nella lista. Una bravissima Eli Skorcheva, assente dagli schermi da trent’anni, si regala una via crucis degna delle più sfortunate eroine del grande schermo. È lei a fare la differenza in questo thriller sociale diretto dal bulgaro Stephan Komandarev, (qualcuno lo ricorderà per The World Is Big and Salvation Lurks Around the Corner, candidato all’Oscar nel 2008), presentato in concorso – sezione Progressive Cinema - alla Festa del Cinema di Roma.

Intendiamoci, la regia tira fuori il massimo dai mezzi a disposizione, possiede persino una sua coerenza poetica, ma è difficile appassionarsi a questo genere di film, compresso dentro uno schema. Al cuore del problema una sceneggiatura programmatica che deprime ogni scintilla di irregolarità, di sorpresa, di umanità. Qui la tesi è presto detta: la spirale del crimine che avvinghia un intero Paese, trasformando anche la più tranquilla delle sue cittadine in agenti collusi con un sistema indifferente se non amorale. La precisione dei piani, le geometrie invariabili della messa in scena, ne conseguono.

Così la denuncia si perde nell'artificio retorico, l'orizzonte degli eventi si schianta contro un muro di funzioni narrative, svolte obbligate, scrittura circolare. E dire che di possibili aperture ce n'erano (il personaggio del poliziotto, ad esempio, abbandonato senza un perché). Si preferisce l'inesorabile ma senza la tridimensionalità della tragedia. Ciò non esclude che possa funzionare con il pubblico, ma a conti fatti resta un modello di cinema più scaltro che intelligente, in vena di appeasement festivaliero.