Negli anni Sessanta in Italia erano i musicarelli ad avere il titolo di canzoni popolari. In ginocchio da te (1964) di Ettore Fizzarotti, Zum Zum Zum (1968) di Bruno Corbucci… Il termine nasceva dall’unione di “musica” e “carosello”, e il risultato era una variante povera del musical hollywoodiano, dedicato ai beniamini della tivù, come Gianni Morandi e Rita Pavone. L’ultimo tentativo di tornare al genere, con tutte le differenze dettate dalla moda del revival, è stato nel 2019 Un’avventura di Marco Danieli, che sceneggiava le hit di Lucio Battisti. Oggi dalla Spagna arriva Ballo ballo dell’esordiente Nacho Álvarez.

“Ballo, ballo, ballo da capogiro. Ballo, ballo, ballo senza respiro. Ballo, ballo, ballo m'invento un passo. Che fa così, fa così (fa così)”. Era il 1982 quando Raffaella Carrà scalava le classifiche con questo tormentone, sigla del varietà televisivo Fantastico. E oggi non è un caso che Ballo ballo arrivi dalla Spagna, dove la nostra show girl ha sempre riscosso grandi consensi.

A novembre il Guardian l’ha incoronata come la “popstar italiana che aveva insegnato all’Europa la gioia del sesso”, facendo anche riferimento alla celebre danza con l’ombelico scoperto fatta a Canzonissima. Più che un’icona “peccaminosa”, per il nostro Paese è però stata un’amica, una sorella dal fascino unico, capace di trasformare la cultura pop con il suo inimitabile caschetto biondo.

In Ballo Ballo siamo negli anni Settanta, la protagonista Maria vuole fare la ballerina. In stile Se scappi ti sposo, abbandona il fidanzato in chiesa, fugge da Roma e vola a Madrid. Qui inizia a lavorare per il programma Las noches di Rosa, ma deve confrontarsi con la mannaia della censura, che non accetta le sue movenze troppo “spigliate”. In più deve fare i conti con un fidanzato che non si rassegna, e una nuova passione difficile da gestire. Il tutto sulle note della Carrà, che spaziano da Luca a Fiesta, passando per Rumore, Da Trieste in giù e 0303456.

 

La sequenza di apertura in aereo sembra un richiamo a Gli amanti passeggeri di Almodovar. Ma subito le atmosfere kitsch si mescolano agli stereotipi di stampo latino e la disarmante esilità della vicenda fa scricchiolare il già debole tentativo di un divertimento alla buona. Si assiste a una sfilata di macchiette senza possibilità di recupero. L’italiano piantato sull’altare (l’attore Giuseppe Maggio), sfodera il cliché dell’amante focoso, ed è accompagnato dal solito mandolino. Per quanto riguarda Roma, si parte dalla scalinata di Trinità dei Monti e si finisce al Colosseo, sognando Vacanze romane. Qualche luogo comune in meno non avrebbe fatto male.

È un peccato, perché il tema della censura nella televisione spagnola, tra una dittatura e una monarchia, poteva essere l’occasione per riflettere sulla mancanza di libertà, che comincia sempre dal basso, dai passatempi leggeri. Gonne troppo corte, sguardi ammiccanti: tutto vietato. Forbici alla mano, si tagliano i fotogrammi incriminati. Maria dovrebbe diventare l’emblema della lotta per una tv più moderna, facendo l’occhiolino proprio alla Carrà. Ma non si può pretendere che Ballo Ballo metta in mezzo la politica. Tanta carne al fuoco, e come risultato una sciapa love story alla vecchia maniera.