Si scrive Marvel, si legge Disney. Il gigante di Burbank domina la scena, cannibalizza l’industria, insegue incassi da capogiro e tiene le fila di franchise inesauribili. Ma soprattutto è un grande narratore, che non ha paura di reinventarsi quando serve qualche novità. Arrivati al diciannovesimo film Avengers: Infinity War, gli universi paralleli si fondono e tutte le avventure trovano un punto d’incontro.

I guardiani della galassia scoprono la furia di Thor, la tenacia dei Vendicatori, e in lontananza si sentono ancora gli echi della Civil War. Lo spettro del fumettone machista e senza pretese era all’orizzonte, ma i fratelli Anthony e Joe Russo scoprono una nuova maturità. Quando si tratta di scatenare il finimondo sono sempre in prima linea. Maestri del CGI, in poche parole degli effetti speciali, e del corpo a corpo, concepiscono il live action come una forma d’arte.

 

I registi di Cleveland usano la macchina da presa in modo arrembante, e hanno abituato il pubblico a scontri al cardiopalma già in Captain America: The Winter Soldier. Qui si ispirano addirittura alle battaglie in campo aperto in stile Il Signore degli Anelli. Il piano sequenza iniziale è mozzafiato: Doctor Strange e Iron Man sono alle prese con la prima invasione aliena e l’aria è quella di un film di guerra, il segnale di quello che verrà. L’apocalisse incombe e sull’intera storia grava il peso di un destino beffardo, pronto a scatenare tutta la sua ira.

L’oscurità è la vera protagonista, in un racconto epico, a tratti tragico, dove le famiglie si massacrano e gli innamorati si salutano per sempre. È l’Infinity War, la lotta per le Gemme dell’Infinito, il richiamo di un conflitto a cui non basta più il nostro pianeta per consumarsi. La minaccia è troppo grande, forse insuperabile, anche per l’eccentricità dei beniamini del pubblico, dal democratico Steve Rogers all’istrionico Tony Stark, senza dimenticare un Bruce Banner in crisi di coscienza.

Alcuni sono considerati reietti nella società che hanno difeso, altri sono eroi in pensione che pensano di poter vivere un’esistenza normale, nonostante il loro essere diversi, in certi casi anche bizzarri. L’arrivo di Thanos spazza via la loro innocenza. È un nemico troppo grande, che ruba la scena e getta una lunga ombra nello spazio. Non è un folle qualsiasi, una montagna di muscoli da battere come un quarto di bue. Prova dei sentimenti, è sfaccettato, e nel suo essere figlio dell’apocalisse trova anche un suo fascino. In un certo senso, con grande cinismo, vorrebbe salvare l’universo, spingendo le genti a unirsi in nome di qualcosa di più alto.

L’ironia passa in secondo piano e le battute per una volta sono dosate. Anche lo Star-Lord dei Guardiani sembra più serio del solito, mentre si chiede se Footloose sia il più grande film che sia mai stato realizzato. L’entertainment acquista consapevolezza dei propri mezzi, e schiva la carnevalata per lanciarsi in un finale sorprendente, a suo modo unico. Forse è l’alba di un nuovo ciclo.