Dopo l'ennesima fuga della moglie, un padre è costretto a crescere da solo i due figli, l'undicenne Tommaso e l'adolescente Viola. Nonostante tutto, Renato (questo il suo nome) si sforza in ogni modo di trasmettere ai due ragazzi l'idea di far parte di una famiglia unita. Autoritario, inflessibile e spesso soggetto a incontenibili scatti d'ira, Renato è anche un uomo capace di grandi manifestazioni d'amore nei loro confronti, attento, presente, premuroso. A sconvolgere l'apparente armonia familiare è il ritorno inaspettato della moglie e madre Stefania (un'intensa Barbora Bobulova). Anche libero va bene è un film duro, doloroso ed estremamente vero. Un esordio folgorante come pochi, e raramente, capita di trovare nel nostro cinema. Sulla scia di maestri come De Sica (I bambini ci guardano e Sciuscià), Comencini (Incompreso) o Truffaut (I 400 colpi), Kim Rossi Stuart sceglie di adottare il punto di vista del più piccolo dei protagonisti (il bravissimo Alessandro Morace) per raccontare questa storia. Ottimo sia dietro che di fronte alla macchina da presa, Rossi Stuart dà una grande prova di maturità nella direzione degli attori, nel ritratto psicologico dei personaggi, dei loro stati d'amino, delle loro angosce, e nella descrizione del rapporto conflittuale che lega padre e figlio: il primo in cerca di riscatto ai propri fallimenti attraverso i successi sportivi di Tommaso, il secondo deciso a compiacere in ogni modo il genitore a scapito delle proprie passioni (l'amore per il calcio anziché per il nuoto). Anche libero va bene racconta una vicenda intima e allo stesso tempo universale, anche per questo saprà ben difendere il tricolore alla "Quinzaine des Realisateurs" del prossimo festival di Cannes.