La leggenda, l'amore, il mistero: a dar retta al press-book, dovremmo ritrovarli tutti in Amelia, diretto da Mira Nair e interpretato da Hilary Swank, nei panni della celebre pioniera dell'aviazione Amelia Earhart, Richard Gere, ovvero il suo mentore e consorte George P. Putnam, e Ewan McGregor, l'amico e amante Gene Vidal. A dar retta ai nostri occhi, viceversa, sarà più facile ritrovarli nella nostra vita, all'uscita in sala: non è solo un augurio per il nuovo anno, ma l'unico commento possibile dopo la visione del biopic di Mira Nair, che il nostro Nanni Moretti, presidente di giuria alla Mostra di Venezia 2001, contribuì a rendere autrice di caratura internazionale con l'inopinato Leone d'Oro a Monsoon Wedding.
Il risultato, otto anni dopo, è un film che rende ingiustizia soprattutto alla sua protagonista: non la Swank, che non perde la faccia, ma la vera Amelia Earhart, svilita da un polpettone che gioca al risparmio - incredibile, ma vero - sulle sequenze aeree e fa precipitare il suo mito in un arrangiamento laccato come la chioma dell'ex attore, ora pupazzo (ve ne accorgerete pure nel cinofilo Hachiko - Il tuo migliore amico), Richard Gere e nel damerino Ewan McGregor, che da qualche prova a questa parte s'è ridotto a soprammobile. Così, grazie alla coraggiosa lungimiranza della Fox nostrana, per Avatar dobbiamo aspettare il 15 gennaio, mentre Amelia si offre generosamente sotto l'albero, con dialoghi stile Harmony (gli arretrati, ben inteso), malcapitate parentesi sul sociale ("poverini", dice più o meno Amelia sfrecciando davanti ai rottami umani della Grande Depressione) e l'avanguardia femminile e femminista della nostra Lady Lindy che non si stacca mai dalla carta (sceneggiatura di Ronald Bass e Anna Hamilton Phelan daile biografie di Susan  Butler e Mary  Lovell).
Partita il 1° giugno 1937 per una trasvolata del globo terrestre, Amelia non fece mai ritorno a casa: non correte lo stesso rischio...