Nicole Garcia torna a Venezia ventidue anni dopo Place Vendôme, che valse la Coppa Volpi a Catherine Deneuve. Tra le otto registe in gara è la più navigata e in assoluto è tra gli autori di maggiore peso dell’edizione, nonché portabandiera francese nell’anno dei label di Cannes. Una responsabilità di non poco conto per la regista, che però con Amants porta in Concorso un film che non riesce mai a spiccare davvero il volo.

Mélo superficiale che manca l’appuntamento dell’empatia tra le anime dannate della storia e gli spettatori disponibili a lasciarsi travolgere dagli eventi, Amants racconta in tre atti l’amore tra Lisa e Simon, innamorati sin dall’adolescenza e, in seguito a una tragedia, costretti a separarsi. Si ritroveranno? Ovviamente sì. In un modo magari non troppo credibile – e d’altronde le coincidenze nel cinema sono sempre pericolose e qui a tratti sembrano perfino avventate.

Ciò che più funziona è la chimica erotica (dunque mentale) tra i protagonisti, e se Pierre Niney costruisce il suo personaggio come se fosse all’interno di un’avventura eroica d’altri tempi, la magnetica Stacy Martin porta in dote una sensualità piena di malinconica disperazione. A loro si accosta il più maturo Benoît Magimel che, nel ruolo del ricco e cinico marito, incarna il personaggio più interessante e misterioso.

Purtroppo il problema sta nel manico: l’impegno degli attori non basta a dare consistenza a una sceneggiatura meccanica e peraltro nemmeno aiutata da una regia senza pathos. Al fondo sembra mancare una reale fiducia nel noir che vorrebbe essere: le pieghe degli eventi non sono mai inattese e latita il desiderio di sapere lo scontato esito della vicenda. E più che “classico” Amants appare vagamente anacronistico se non proprio fuori tempo massimo.