Pensati e realizzati in un mondo pre-Covid, alcuni film apparsi negli ultimi tempi assumono oggi significati diversi, a volte premonitori. Per certi versi è il caso di Alone (presentato al 20° Trieste Science+Fiction Festival), che con il contemporaneo ha un aggancio abbastanza eclatante: c’è una pandemia in corso. Naturalmente quello distopico è il filone che meglio funziona per raccontare questi tempi e certo Johnny Martin – che alle spalle ha una lunga carriera da stunt – non poteva prevedere le apparenti sinergie con la vera pandemia che stiamo vivendo.

In realtà in Alone la tragedia collettiva è solo uno strumento per innescare il meccanismo del survival movie. Per fuggire dal caos che sta devastando il mondo, Aidan (il Tyler Posey di Teen Wolf) segue il consiglio delle autorità e si barrica dentro casa nella speranza di sopravvivere. Intrappolato nell’appartamento, isolato da tutti, è assediato dagli infetti che stanno occupando l’intero edificio.

Poiché il contagio avviene per via canina e gli infetti sono praticamente degli zombie, per il protagonista non resta che presidiare il territorio ed eliminare gli invasori. Finché, nella disperazione più totale, scopre che nel palazzo di fronte c’è Eva (ah, che nome casuale), anche lei barricata. Può nascere un fiore in questo casino, ma la catastrofe incombe.

Alone esorcizza le nostre paure più ancestrali e attuali in un film che gioca con le regole del genere senza coinvolgere quanto potrebbe, sprecando il capitale di partenza in un’accozzaglia di prevedibili luoghi comuni e trovate un po’ raffazzonate. Avrà forse un suo seguito tra chi vi troverà una lettura alternativa al terrore del contagio su scala globale, ma oltre al cammeo gigionissimo di Donald Sutherland c’è pochino.