Si nasce in epoche sbagliate, si cresce in luoghi che non sembrano costruiti con le misure dei nostri sogni. Lo sa Rose, anzi Wild Rose, come dice il titolo originale di A proposito di Rose (che traduzione anodina), scozzese di Glasgow che ha il cuore, l’ugola, il dramma di una ragazza di Nashville. Wild, appunto: scapestrata e selvaggia, è appena uscita dal carcere per spaccio di droga, mentre fuori la mamma ha curato i due figlioletti.

Tutto il mondo è paese, ma quella di Rose è una storia che ha molto a che fare con l’epica americana del riscatto attraverso l’arte, della rivalsa sotto forma di performance. Da sempre desiderosa di diventare una cantante country, Rose asseconda il monito della madre e trova lavoro come donna delle pulizie in una famiglia borghese. Sarà proprio Susannah, la padrona di casa, a incoraggiarla, offrendole l’occasione di cantare in pubblico per raccogliere i soldi necessari per il viaggio verso Nashville, nonostante la contrarietà della madre, i contraccolpi delle vicissitudini giudiziarie e l’ostilità del marito di Susannah.

Arrivato in Italia alla chetichella dopo aver raccolto un buon successo al botteghino britannico e non pochi riconoscimenti anche oltreoceano, A proposito di Rose (disponibile in italiano su Amazon Prime Video, NOW TV, Infinity, Chili, Rakuten TV, Sky on Demand, Google Play, iTunes, PlayStation Store e in dvd con Eagle Pictures) rinnova la tradizione di quel cinema inglese dedicato agli outsider che si affrancano dal disagio e conquistano spazi per affermarsi in un mondo che prima sembrava ignorarli.

Jessie Buckley (credits: EF NEON)
Jessie Buckley (credits: EF NEON)
Jessie Buckley (credits: EF NEON)
Jessie Buckley (credits: EF NEON)

Feel good movie, certo, da cui l’apprezzamento del pubblico, forse sulla scia di un Peter Cattaneo con meno umorismo, ma anche scorci socio-emotivi che ricordano la lezione di Mike Leigh. Molto si deve allo sguardo fresco della sceneggiatrice Nicole Taylor, all’esordio cinematografico dopo alcune esperienze televisive, ma anche alla professionalità di Tom Harper che trova la sintesi anche visiva per dare voce a quello che è un film musicale e non un musical, un film sulla musica e non con la musica.

Da una parte non c’è un mezzotono di troppo nel mettere in scena il conflitto generazionale che collima con quello sociale negli scontri tra figlia e mamma (non dimentichiamo che Julie Walters, che ha un gran pezzo quando riepiloga l’andamento tranquillo nonché limitante della vita da commessa mal celando la frustrazione, emerse con Rita, Rita, Rita, limpida storia di un riscatto sociale attraverso l’istruzione).

Dall’altra c’è la scelta di evocare il mondo-a-parte della performance, come se i momenti musicali fossero estranei al realismo perché legati a una dimensione quasi onirica. “Che le tue sofferenze diventino canzoni, che le tue canzoni diventino successi” dicono a Rose, dando il senso di un percorso umano e artistico che oggi rischia di essere superato dalla narrativa del talent show. Ovviamente A proposito di Rose vive della portentosa interpretazione di Jessie Buckley (poi vista in Sto pensando di finirla qui, a diciotto anni fece seconda a un talent inglese): tempestosa, appassionata, tormentata, come ci spezza il cuore nella performance finale nel teatro vuoto.