Non è un Classic Horror Story. Anzi. Si discosta completamente dai canoni per prima però cavalcarli. Il film diretto da Roberto De Feo (The Nest, 2019) e Paolo Strippoli, targato Netflix, inizia nel modo più classico: un gruppo di ragazzi in camper finisce disperso in mezzo ad un bosco. Lì c’è una casa di legno piena di strane maschere piuttosto inquietanti. Bene, i giusti presupposti ci sono e l’horror può cominciare. Ma noi non spoileriamo.

Si vede che i due registi, freschi vincitori per la miglior regia alla 67esima edizione del Taormina Film Festival, conoscono molto bene la materia: citazioni de La casa di Sam Raimi e di Non aprite quella porta di Tobe Hooper, e in generale di tanti film di paura americani e non, che fanno parte del nostro immaginario. Poi però aggiungono alcuni elementi originali, che fanno distinguere questa “classic horror story” da tutte le altre, e questi elementi sono: il folclore italiano, l’ironia e la musica.

Il folclore con la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Tre fratelli che uccisero un protetto del re per vendicare lo stupro della sorella. Poi mandati in prigione per trent’anni in Sicilia. Ecco, i registi trasfigurano questa storia e fanno diventare questi cavalieri tre demoni che rappresentano la camorra, l’ndrangheta e la mafia.

L’ironia che arriva a metà film (ma nuovamente la parola d’ordine è: no spoiler). Infine la musica con canzoni come Il cielo in una stanza di Gino Paoli o la canzoncina da bambini “Era una casa molto carina, senza soffitto, senza cucina” che stridono completamente con le immagini che vediamo. Sono proprio questi accostamenti così poco classic a fare di questo film un piccolo capolavoro del genere. Al centro anche due gravi problematiche della nostra società ovvero la pornografia del dolore e la spettacolarizzazione della morte, come dicono gli stessi registi: De Feo e Strippoli. Ricordatevi  i loro nomi perché di sicuro ne sentirete parlare. Nota a margine: anche la protagonista Matilda Lutz nella sua duplice veste non è da meno.