Quo vado?

3.5/5
Uno di noi, più di noi e sempre democristiano: Checco Zalone è tornato. Per difendere il posto fisso: nel nostro immaginario

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ITALIA 2015
Checco è un ragazzo che ha realizzato tutti i sogni della sua vita. Voleva vivere con i suoi genitori evitando così una costosa indipendenza e c'è riuscito, voleva essere eternamente fidanzato senza mai affrontare le responsabilità di un matrimonio con relativi figli e ce l'ha fatta, ma soprattutto, sognava da sempre un lavoro sicuro ed è riuscito a ottenere il massimo: un posto fisso nell'ufficio provinciale caccia e pesca. Con questa meravigliosa leggerezza Checco affronta una vita che fa invidia a tutti. Un giorno però tutto cambia. Il governo vara la riforma della pubblica amministrazione che decreta il taglio delle province. Convocato al ministero dalla spietata dirigente Sironi, Checco è messo di fronte a una scelta difficile: lasciare il posto fisso o essere trasferito lontano da casa. Per Checco il posto fisso è sacro e pur di mantenerlo accetta il trasferimento. Per metterlo nelle condizioni di dimettersi, la dottoressa Sironi lo fa girovagare in diverse località italiane a ricoprire i ruoli più improbabili e pericolosi ma Checco resiste eroicamente a tutto. La Sironi esausta rincara la dose e lo trasferisce al Polo Nord, in una base scientifica italiana col compito di difendere i ricercatori dall'attacco degli orsi polari. Proprio quando è sul punto di abbandonare il suo amato posto fisso, Checco conosce Valeria, una ricercatrice che studia gli animali in via d'estinzione e s'innamora perdutamente di lei. Inizia così un'avventura fantastica nella quale Checco scoprirà un nuovo mondo, aprendo la sua piccola esistenza a orizzonti lontanissimi.
SCHEDA FILM

Regia: Gennaro Nunziante

Attori: Checco Zalone - Checco, Eleonora Giovanardi - Valeria, Sonia Bergamasco - Dottoressa Sironi, Maurizio Micheli - Peppino, padre di Checco, Ludovica Modugno - Caterina, madre di Checco, Ninni Bruschetta - Ministro Magno, Paolo Pierobon - Ricercatore scientifico, Azzurra Martino - Fidanzata di Checco, Lino Banfi - Senatore Binetto, Fabio Casale, Adam Nour Marino, Angelica Napa, Massimiliano Montgomery

Soggetto: Checco Zalone, Gennaro Nunziante

Sceneggiatura: Checco Zalone, Gennaro Nunziante

Fotografia: Vittorio Omodei Zorini

Musiche: Checco Zalone

Montaggio: Pietro Morana

Scenografia: Alessandro Vannucci, Valerio Girasole - Africa

Costumi: Francesca Casciello

Suono: Massimo Simonetti - presa diretta

Durata: 86

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: DCP

Produzione: PIETRO VALSECCHI PER TAODUE FILM

Distribuzione: MEDUSA

Data uscita: 2016-01-01

TRAILER
NOTE
- CANDIDATO AI DAVID DI DONATELO 2016 PER: MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA (SONIA BERGAMASCO), CANZONE ORIGINALE ("LA PRIMA REPUBBLICA") E DAVID GIOVANI.

- CANDIDATO AL GLOBO D'ORO 2016 COME MIGLIORE COMMEDIA.

- NASTRO D'ARGENTO 2016 PER MIGLIOR PRODUTTORE A PIETRO VALSECCHI (PREMIATO ANCHE PER "CHIAMATEMI FRANCESCO" DI DANIELE LUCHETTI E PER IL CONTRIBUTO A "NON ESSERE CATTIVO" DI CLAUDIO CALIGARI). IL FILM ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIORE COMMEDIA, ATTRICE NON PROTAGONISTA (SONIA BERGAMASCO) E CANZONE ORIGINALE.
CRITICA
"Potrebbe sembrare che l'assunzione nello Stato a tempo indeterminato sia ormai un mito rottamato dal tempi (...) ma dopo una prima parte dove sogni e incubi del perfetto burocrate sono raccontati con divertita partecipazione (indimenticabile la lezione su corruzione, concussione et similia impartita all'amico cacciatore che vuole regalargli una quaglia), Zalone diventa il campione di una serie di comportamenti «all'italiana» che travalicano l'ambito del «posto fisso» per diventare i simboli di un malcostume più diffuso e radicato, legati al razzismo, all'indifferenza ecologica, alla libertà sessuale, al maschilismo quotidiano e che vengono ben sintetizzati nella canzone 'La prima Repubblica', intonata mentre il senatore-simbolo di quella mentalità e di quei comportamenti, «l'angelo custode» Binetto (affidato a un simpatico Lino Banfi), arringa le folle per farsi rieleggere. Una canzone che Zalone canta con una voce simil Celentano, omaggio evidente alla tradizione musicale del cantante milanese (sembra di sentire una specie di rivisitazione del 'Ragazzo della via Gluck') ma che finisce per essere inevitabilmente anche una presa di distanza ironica da quelle proteste progressiv-populiste con cui Celentano è stato identificato e di cui ogni tanto si è fatto donchisciottesco paladino. Come a voler ribadire la voglia di Zalone di non fermarsi davanti a nessun santo o santuario. È questa, mi sembra, la caratteristica più autentica dello Zalone 2015, la voglia di divertire superando la comicità più facile e corriva per cercare di allargare il proprio orizzonte di autore comico e satirico. (...) Quello che forse non ti aspetti è l'esito finale delle sue peregrinazioni, in nome di una ragionevolezza che mette d'accordo populismo e buonismo, ma che finisce per accentuare lo iato che ormai esiste tra il personaggio (compiuto e «maturo») e le storie con cui deve confrontarsi, queste sì ancora schematiche e «rozze». Ed è questo il nuovo passo che ci si aspetta dallo Zalone a venire, capace cioè di mettere a punto sceneggiature all'altezza delle sue ambizioni." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 30 dicembre 2015)

"Sonia Bergamasco (una meraviglia: sembra la Franca Valeri degli anni d'oro con una marcia sexy a sorpresa in più) (...) Secondo una teoria molto diffusa nel cinema non solo americano, ogni sceneggiatura segue più o meno fedelmente lo schema del 'viaggio dell'eroe'. All'inizio l'eroe vive in un mondo ordinario dominato da un equilibrio (o squilibrio) immutabile. Poi riceve la 'chiamata', un evento che lo fa uscire dal bozzolo e tentare l'avventura. Avventura che sulle prime rifiuta per poi accettarla grazie all'incontro con un mèntore, affrontando prove (luoghi, personaggi, ambienti) sempre più difficili in nome di una Grande Ricompensa. Ma cosa succede se l'eroe/antieroe ha la faccia di gomma e i tempi da urlo di Checco Zalone, il miglior comico del cinema italiano perché quello con l'orecchio più sensibile, oltre che l'unico capace di fare un vero gioco di squadra (premio a chi trova una faccia sbagliata, anche tra le ultime comparse in fondo all'inquadratura)? Succede che in 86 minuti secchi, misura aurea, Luca Medici/Checco Zalone e Gennaro Nunziante (che la forza continui a essere con voi) smontano e rimontano mille volte, come al pit stop, tutti i trucchi e i vizi, le bassezze e le ipocrisie, i timori e i pregiudizi, le abitudini e le omertà di cui si nutre la nostra pavida, pigra, arretrata natura italica. Fino a farci ridere a crepapelle e insieme vergognare di noi stessi come non capitava da un pezzo. Per giunta limitando al massimo quei colpi bassi e sempre troppo facili che sono le battute su emorroidi e genitali (degli orsi, in questo caso). (...) trionfo di una comicità farsesca in cui le tappe del racconto sono solo palcoscenici offerti al mattatore e i comprimari, peraltro efficacissimi (il senatore Lino Banfi, il ministro Ninni Bruschetta), sono pure maschere (i Genitori, la Fidanzata, il Collega, etc.). Ma se lo schema del racconto non è certo una novità, la cura dell'invenzione, e dell'esecuzione, sono davvero fuori dal comune. È questo a fare la differenza (malgrado il lieve calo 'buonista' in sottofinale), oltre alla bravura oggi inarrivabile di Checco Zalone." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 30 dicembre 2015)

"Checco Zalone, coautore con il regista Gennaro Nunziante, ha realizzato una specie di inno comico ma qua e là anche graffiante alle meraviglie perdute del 'posto fisso'. Attribuendogli, con il consueto gusto del paradosso, il valore di una virtù civica basilare, lungamente garante dell'equilibrio e della coesione sociale, messo in pericolo dal nuovo corso delle spending reviews. (...) Quarto film del nuovo esplosivo fenomeno dei nostri botteghini. Malgrado il non povero impianto produttivo si conferma l'elementare pochezza di quello narrativo. Insieme a un talento comico e anche satirico non comune e obiettivamente divertente." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 30 dicembre 2015)

"La costruzione del film è una sapiente messa in scena della comicità più irresistibile dell'artista pugliese (...) 'Quo vado?' inizia in maniera esplosiva con una serie di gag e di battute così vorticosa che poi se ne sente subito la mancanza quando il film si fa un po' più riflessivo, alla ricerca di un finale che possa piacere al pubblico più vasto. Che, come nei giochi da tavola d'una volta, è 0-99 anni. E qui sta la grande unicità del duo Zalone e Nunziante, riuscire a parlare, oggi, a tutti. Il loro cinema vive in un eterno presente a caccia della modernità. Un autentico cinema popolare che si fonda anche sulla bravura e precisione dei cosiddetti caratteristi, dalla dirigente ministeriale renziana interpretata da Sonia Bergamasco, alla bella scoperta al cinema di Eleonora Giovanardi fino alle certezze di Maurizio Micheli, Ninni Bruschetta e Lino Banfi." (Pedro Armocida, 'Il Giornale', 30 dicembre 2015)

"(...) il film è brutto. E non poteva essere altrimenti dal momento che Zalone non è un narratore, i suoi non sono film ma solo allestimenti per le sue situazioni comiche. (...) Sulla carta, un film da fare i picchetti per impedire alla gente di vederlo. Su pellicola, il primo film del 2016 che possa spingere la gente a entrare in sala. Sì, perché con 'Quo vado' si ride. Tanto. A differenza dei precedenti Zalone non ci sono zone morte, vuoti narrativi che il Checco riusciva a tamponare con evidente difficoltà. Qui si va avanti spediti, cavalcando almeno all'inizio la vecchia onda della commedia all'italiana (cioè raccontando un dramma con toni faceti). Il dramma è quello (purtroppo autentico) della disoccupazione montante. E va a mettere in crisi esistenze che si credevano al sicuro, quelle dei dipendenti pubblici, i figli, i nipoti dell'Italia assistita. (...) A parte un'intuizione geniale (la canzone 'La prima Repubblica non si scorda mai') non ci sono più di venti film che salveresti in blocco. Ma c'è il Checco. Che ti fa buttar per terra dal ridere (...) Sonia Bergamasco (...) la conosciamo da quasi vent'anni, ma solo da cinque sappiamo che è davvero brava e solo da Zalone apprendiamo che è una formidabile attrice comica." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 dicembre 2015)

"Via il 'cozzaro' disadattato, via il bodyguard con Porsche a metano, e via l'ottimista berlusconiano, Checco torna meno tipo, più personaggio. Anzi, visto l'impegno (divertente e riuscito) di risvegliarsi dal sogno di un'Italia irresponsabile che francamente non vogliamo, quasi-persona. Quarto e forse più 'politico' lungometraggio del trio Zalone-Nunziante-Valsecchi, è una commedia satirica di paradossi, con ironici capovolgimenti in trasferte geo-culturali d'Italia e d'Europa dove il rischio di banalità e superficialità è sempre salvato dalla franca comicità (tempi perfetti) di Zalone, esperto in finte ingenuità a sfondo pedagogico." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 31 dicembre 2015)

"Ammiratori della prima ora del tamarro con cervello, ne abbiamo accompagnato la sgangherata ma vittoriosa cavalcata contro la deriva della farsa all'italiana; scontata la cambiale dell'età d'oro del cinepanettone, abbiamo colto il suo grido di dolore per l'ennesima frattura creatasi tra intellettuali e masse popolari; addestrati dal revival di Totò, ci siamo arruolati sotto le insegne della vitalità e della voracità nelle fila del suo esercito in marcia contro depressi, narcisi ed impegnati; stanchi dei registi che hanno tradito la freschezza dell'attimo fuggente vanziniano e delle «Vacanze di Natale» anni Ottanta, abbiamo scovato i semi dell'intelligenza nel curriculum del suo regista e complice Nunziante; togliendoci la puzza d'arte e d'essai sotto il naso, abbiamo sposato le leggende del suo produttore Valsecchi, un De Laurentiis reso ancora più grintoso e cipiglioso da una gavetta deamicisiana nonché miracolato dalle dritte del figlio adolescente proto-zaloniano; avvinti al totem del cinismo purificatore alla Fantozzi, ci siamo messi di buzzo buono a separare il grano dello Jerry Lewis di Capurso dal loglio dei politicanti rimasti disoccupati all'exit berlusconiano. In ogni caso «Zalone Arriva!». Sprezzanti del pericolo di essere subissati dai numeri trionfali che s'addensano all'orizzonte come uno tsunami (tra i clap clap di tutta la tribù di Cinelandia, compresi coloro che ora fingono schifo o noncuranza) e di essere presi in giro da una sua fulminea smorfia demenziale, ci sentiamo per quanto premesso autorizzati - petto in fuori - a dichiarare che «Quo Vado?» qualche toppa l'esibisce nel suo vestito filmico più lucido e aggiustato. La prima parte vola (...), la seconda traccheggia un po' troppo e il finale dal super modello Simpson sembra scendere a quello col cuore sciolto in mano alla Covatta. Meno male che l'italiano tutto mediocrità, spirito di sopravvivenza, maschilismo e celentanianamente demenziale si mette a canticchiare «La prima repubblica», così la trasgressione torna subito a livelli salutari." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 3 gennaio 2016)

"Il quarto film del geniale Zalone è anche il suo migliore. (...) La sua è una comicità fulminante, ubriacante, irresistibile, trasversale, eterogenea. Basta una battuta per rappresentare un pezzo di Italia e, in questo, per certi versi, ricorda Totò e Alberto Sordi. Teniamocelo stretto, strettissimo." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 7 gennaio 2016)