Ingressi in sala, tra accreditati e altri, stanno al settimo giorno di Mostra a 105.000 unità, con un lusinghiero +11% sul 2018, +22% rispetto a due anni fa. Il presidente della Biennale elogia il cubo rosso, ovvero la Sala Giardino, e dà altri dati: 60% accreditati, 40% “bigliettati”; tra donne e uomini accreditati sostanziale parità, 50% e 50%.

Ma a illuminare la 76esima edizione del festival di Venezia, dice Baratta al tradizionale pranzo con la stampa, sono sopra tutto i “giovani in crescita: nel complessivo pubblico rinato negli ultimi due anni, quello giovane degli zainetti e biciclette è in crescita esponenziale, gli accrediti universitari sono aumentati da 400 a 1600 in quattro anni, erano 1300 l'anno scorso”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il direttore della Mostra Alberto Barbera: “Fortissimo incremento di giovani, lo vediamo tutti. Qualcuno dorme in ostello, qualcuno addirittura per strada, la passione per il cinema è fortissima, ed è un segnale positivo per il futuro del cinema di qualità in sala, sono tendenzialmente ottimista”.

Sul tema delle piattaforme streaming, Barbera osserva che “il cinema si sta trasformando con attenzione al pubblico giovanile, e le piattaforme vanno in quella direzione: i giovani vanno meno in sala, ma vedono tantissimi prodotti audiovisivi su smartphone e PC: non vedo come si possa opporsi, dobbiamo impegnarci tutti per fare capire l’importanza della visione in sala, perché chi fa questa esperienza difficilmente non ci tornerà. Bisogna fargliela scoprire, anche la scuola deve”. Ancora, sulle piattaforme quali Netflix, Amazon, “tra un anno, forse tre questi discorsi sembreranno archeologia del cinema: è inutile, discriminare tra film sala e film per lo streaming, e dovremmo capirlo oggi”.

Soddisfatto per “l’accresciuta partecipazione al festival, che si ripercuote su tutte sezioni, non solo il concorso, quasi tutte le proiezioni sono sold out”, Barbera deve tornare sul caso Lucrecia Martel, ovvero le dichiarazioni della presidente di giuria su Roman Polanski e J’accuse che hanno aperto con polemica la Mostra: “Non l'ho vissuto bene, uno non vive bene le polemiche. Qui frutto di un equivoco, Lucrecia ha fatto un piccolo errore, un discorso sofisticatissimo pieno di distinguo, alla fine sembrava avesse detto opposto di quanto volesse dire: io non ho convinto Lucrecia a fare la rettifica, lei stessa mi ha detto dobbiamo dire qualcosa, poi il comunicato ha rimesso a posto tutto”.

Sul tema della scarsa presenza, due su ventuno film in Concorso, di registe donne in selezione, e dunque sulle quote rosa, Barbera ribadisce: “Finché farò questo lavoro, guarderò la qualità dei film, non il genere dei registi. Si dovrebbero vedere i film senza credits: a Venezia non facciamo blind tasting, ma cerchiamo di essere il più oggettivi possibile. Non faremmo un buon servizio alle donne a mettere i film in concorso in base al loro sesso, ma sono convinto che ci saranno sempre più donne registe, e si arriverà a riempire il gap che oggi esiste: però i cambiamenti non si fanno da un giorno all’altro, né da un anno all’altro”.

Venendo a un primo bilancio su questi sette giorni di Mostra, Barbera parla della concentrazione di talents, di star in particolare nel weekend: “E’ dovuta a tantissimi fattori, dai loro impegni a Telluride, avessi piena libertà li avrei distribuiti nell'arco degli undici giorni del festival” e confessa: “Alla vigilia ero molto preoccupato, di non riuscire a reggere il successo dell’edizione precedente: la risposta positiva dopo i primi film e i primi giorni mi ha sollevato e sorpreso”.

Il direttore vorrebbe “un’altra sala come la Perla, ci serve, i documentari di Venezia Classici stanno registrando un successo incredibile”, e sui due titoli, attesi ma assenti a Venezia 76, spiega: “A Rainy Day in New York di Woody Allen mi interessava, ma la distribuzione italiana ha deciso altrimenti, preferendo evitare le polemiche che la presenza a Venezia avrebbe generato. E The Irishman (aprirà il New York Film festival il prossimo 27 settembre, NdR) non è ancora pronto, Martin Scorsese sta ancora aggiustando alcune cose al montaggio, nonché rivedendo degli effetti speciali”.

A chiudere è Baratta: “Venezia lo dimostra, i festival oggi sono soggetti dialettici, non un mero ausilio all’industria cinematografica”.