"E' la quadratura del cerchio": Alexandr Sokurov presenta Faust, il monumentale adattamento della tragedia di Goethe che chiude la tetralogia del potere iniziata nel 1999 con Moloch, proseguita con Taurus (2000) e Il Sole (2005). Applauditissimo sia in proiezione stampa ieri sera che oggi in conferenza - il film è in concorso - Faust rappresenta per il maestro russo "sia il quarto che il quinto film della riflessione sul potere. La parola Faust in russo vuol dire "pugno", che ha cinque non quattro dita. Questo progetto è in effetti il quarto, ma in sostanza il quinto perché come un pugno chiude tutto, è la sintesi dei precedenti". Sokurov pensava a un addattamento del Faust di Goethe fin dagli anni '80: "E' un'opera fondamentale della cultura europea, la base di partenza della creazione e il nucleo di tutto quanto può succedere a un essere umano. Perciò non è né coeva al tempo di Goethe né sincronizzata sul nostro. Ma eterna".
Rispetto all'opera originale Sokurov ha mantenuto la lingua ("Il tedesco di Goethe ha qualcosa di ruvido che non avrei saputo esprimere nella mia lingua"), ha trasformato Mefistofele in usuraio (nel film interpretato da Anton Adasinky), ha scelto di far impersonare Faust da un uomo di mezz'età (l'attore Johannes Zeiler) perché "non c'è solo un Faust di Goethe ma almeno tre varianti - dichiara il regista - e perché quando gli ho fatto il provino mi si è ridestata la memoria, tutta la mia personale mitologia mefistofelica"). Il problema centrale del film, dice Sokurov è la "frontiera cui l'uomo sente più vicina: sta in alto o in basso?". Non nega la sgradevolezza del film: "Avevo girato scene anche più orribili, difficili da mandare giù. Ma ho deciso di buttarle via, non erano necessarie". Rivendica la libertà del cinema di "non mostrare ogni cosa come vorrebbe il pubblico". "Il cinema - dice Sokurov - deve riscoprirsi umanista, non fare affari". E l'anima? "Oggi costa poco. Ma non ci sono più molti acquirenti in giro". Infine due aneddoti di lavorazione. Il primo riguarda l'Islanda, dove è stato girato il finale del film: "Un mese dopo che avevamo finito le riprese è eruttato il vulcano. L'Islanda è una terra bella e terribile, non descrivibile a parole. Lì senti che qualcosa di terribile potrebbe accadere, da un momento all'altro". E sull'Italia: "Avrei voluto trarre maggiore ispirazione dal vostro paese, ma ha troppe cose belle per poter essere accostato al Faust". Anche se il rischio l'ha corso: "Avrei voluto girare alcune sequenze in Vaticano, avevo già i permessi, ma alla fine non ho avuto i fondi".