Straordinaria prova di Saverio Costanzo alla Berlinale. Dopo il successo del precedente Private a Locarno, il regista italiano spariglia le carte anche al festival tedesco e si candida per un premio col suo toccante In memoria di me, sul travaglio di un novizio in procinto di ordinarsi gesuita. Rara eccezione in un festival tradizionalmente politico, il dramma intimista - in Italia dal prossimo 9 marzo - stupisce per forza e ed efficacia con cui tratteggia il percorso interiore di un giovane e dei suoi compagni, al bivio con una scelta di vita così radicale. "Non vuole affatto essere un film religioso - mette però in chiaro Costanzo - Gli interrogativi dei protagonisti sono quelli che io stesso mi pongo continuamente. Uguale che si tratti di matrimonio, famiglia o qualsiasi altra scelta esistenziale: quello che volevamo testimoniare è una lotta umana universale".
Da qui l'attualità di cui parla Costanzo, di recente ribadita anche dal tedesco Il grande silenzio di Philip Groning: "Non c'è stata ispirazione diretta, ma di certo ne abbiamo dibattuto molto. Credo che In memoria di me sia tutt'altro che anacronistico. La ricerca di silenzio e valori superiori è sempre più urgente nella società di oggi". Alle spalle del film, ottimamente interpretato dal bulgaro Hristo Jivkov, insieme al tedesco Andre Hennicke e agli italiani Filippo Timi e Marco Baliani, è invece il libro Il gesuita perfetto di Furio Monicelli. Ispirato allo stesso noviziato dell'autore, fra il 1952 e il 1953, è stato con lui stesso rielaborato per arrivare alla sceneggiatura: "I personaggi vengono tutti da li - racconta Costanzo -, ma molto è stato ritoccato o aggiunto in accordo con lui. A portarmi a questa tematica difficilissima è stato il desiderio di proseguire il discorso di Private. La sfida era quella di tornare a parlare di libertà, ma questa volta dalla prospettiva dell'autorinuncia". Rigore della narrazione, fotografia e uso delle musiche sono tutte al servizio di un tratteggio dettagliato del tormentato percorso interiore dei protagonisti: "Il nostro tentativo - spiega Costanzo - era proprio quello di illustrare la sofferenza di uno stato emotivo sempre sull'orlo di un abisso interiore". Dalla stessa esigenza è dipesa la stessa selezione del cast internazionale e del bulgaro Jivkov in particolare: "Da una parte volevo ricreare l'ambiente multiculturale che spesso caratterizza questi conventi. Per il ruolo del protagonista, ricercavo poi un attore dell'est, perché ritengo portino la sofferenza scritta nel Dna e riescano ad esprimerla in maniera viscerale anche soltanto con uno sguardo". E' lo stesso attore, a sgombrare poi il campo da inopportune letture politiche e chiarire il senso di In memoria di me: "Un film in cui non ci sono destra e sinistra, né cattolici od ortodossi. Le paure di cui parla sono uguali per tutti. Se non si viene toccati da questa storia, è perché si ha paura di riconoscerle e affrontarle".
A ribadire importanza e universalità dei temi trattati è anche l'italiano Marco Baliani: "Si tratta di un film d'amore, che ruota intorno all'interrogativo di chi siamo e che cosa stiamo facendo, per indagare il perché si possa arrivare a una scelta di vita così estrema. La risposta è probabilmente la ricerca di qualcuno che ci ami incondizionatamente, per restituire a noi per primi la possibilità di amare". Parla da ateo, Baliani, eppure racconta di aver provato una grande emozione sul set: "Impossibile rimanere indifferenti. Girare questo film è equivalso a intraprendere un percorso interiore. Siamo stati tutti profondamente toccati".