Negli anni '70 la situazione carceraria era disastrosa, i detenuti italiani in attesa di giudizio 12.000. Cinquant'anni dopo poco è cambiato. Alle Vallette, il carcere piemontese in cui si svolge Tutta colpa di Giuda, i posti letto disponibili sono 990, i detenuti 1630. "C'è gente che dorme per terra - dice Davide Ferrario -. La galera è una discarica sociale, quando escono è anche peggio di prima".
Un regista con delle intuizioni, non c'è dubbio. Chi altri avrebbe realizzato una commedia con musica (più un musical documentario) in una prigione? Ferrario ci è riuscito. Ha messo insieme originalità, sensibilità artistica e un cast perfetto - detenuti veri e attori professionisti, bravi Kasia Smutniak, Fabio Troiano e Gianluca Gobbi - per un musical-carcerario in uscita il 10 aprile in 70 copie con Warner Bros.
Alle spalle, un'esperienza durata quasi dieci anni, dal 2000 Ferrario fa il volontario, dividendosi tra Milano e Torino, la sua città. Ha incominciato con un corso di montaggio a San Vittore, poi si è appassionato e un giorno gli è venuta un'idea. "La messa in scena della Passione in carcere, con la premessa plausibile che nessuno voglia fare la parte di Giuda".

E' una commedia che esula da tutti gli schemi...
Le storie più interessanti di successo degli ultimi anni sono nate in maniera originale, non erano basate su una formula precostituita come tante commedie del cinema italiano. Creare prototipi è fondamentale, io ho sempre cercato di fare così. Su Dopo mezzanotte non avrebbe scommesso nessuno, neanche i distributori, poi ha fatto il giro del mondo. Per attirare la gente in sala bisogna andare contro le certezze del sistema, senza fare rivoluzioni.

Con il testo della Passione come hai fatto?

Come la protagonista Kasia Smutniak: ho comprato i Vangeli, li ho letti un paio di volte, e ho scoperto che il Gesù raccontato è piuttosto diverso da quello tramandato dall'immaginario collettivo. Per me è stata una grande sorpresa: dal testo non traspare un messaggio positivo ma di grande sofferenza, almeno in questa vita. Ed è stato ancora più interessante lo scambio con i detenuti, capire il loro interesse, fermo restando che l'intuizione su Giuda era stata accolta con favore, nel senso che nessuno di loro avrebbe voluto fare l'"infame".

L'idea di farne un musical da dove viene?

Avevo un tema importante e difficile da sviluppare: vita e religione dentro il carcere. Poi, mentre ascoltavo La libertà di Cecco Signa ho pensato a un musical e improvvisamente ho visto quello che sarebbe successo, il punto cardine: la libertà di Gesù Cristo, e non dei detenuti, dal destino di sofferenza. Ho incominciato a immaginare una coreografia e l'ho accennata ai ragazzi.

Come hanno reagito alla proposta?

In un primo momento l'idea di ballare e suonare li ha lasciati perplessi, col passare del tempo si sono divertiti moltissimo. Nell'immobilità della galera hanno tirato fuori un'esplosione di vitalità surreale. Formidabile. Nessuno di noi pensava di realizzare chissà quale capolavoro. Ha vinto l'incoscienza. La canzone Tutta colpa di Giuda si adatta alla perfezione allo spirito del film.

Anche questa è stata un'intuizione?

Volevo un testo che si adattasse al contenuto e ho proposto a Cecco Signa, che suona anche nel film, un beat su cui costruire ritmo e melodia, poi lo abbiamo scritto a quattro mani. All'inizio il titolo della storia era La libertà, però poteva apparire ideologico. Tutta colpa di Giuda invece inserisce un elemento di commedia, di vivacità. Oltre al regista faccio il produttore, quindi ho il problema di convincere la gente, di portarla al cinema. Mi sembrava necessario puntare sulla leggerezza.

Il lavoro sulla recitazione?
Non era legato a una sceneggiatura, a dialoghi già scritti: non appartiene al mio modo di fare cinema e poi non sarebbe stato possibile. Provocavo delle risposte e cercavo di fargliele rifare. La scena in cui Kasia assegna le parti della Passione è venuta spontaneamente. Le battute le hanno inventate loro in diverse occasioni, io mi sono limitato a raccoglierle. Come fai altrimenti a immaginare di essere San Vittore o San Benedetto del Tronto? L'intervista completa sul numero di aprile della Rivista del Cinematografo in edicola, con Kasia Smutniak in copertina.