Chi premierà la giuria del festival di Berlino, presieduta da Tilda Swinton? Se lo chiedono in molti a tre giorni dalla fine della 59 edizione. Ancora nessun sussulto nonostante le attese (e qualche applauso). Cheri di Stephen Frears e' una leggera divagazione sul tema delle relazioni pericolose. Michelle Pfeiffer, sempre bella ma pallida ed evanescente come uno spettro, e' una cortigiana di fine ottocento che si innamora perdutamente del giovane Cheri, figlio a sua volta di un'altra famosa cortigiana (grande Kathy Bates). I due vivono insieme per un po', poi la madre di Cheri decide che vuole diventare nonna: il matrimonio con una diciottenne facoltosa avviene in un baleno, per la disperazione della splendida Pfeiffer. Lacrime, tormenti e una lunga separazione non interrompono la passione dei due amanti, seppure effimera di fronte all'incedere del tempo. Che invece non passa mai per il pubblico, anche se rapito dalle meravigliose scenografie. Delude Forever Enthralled di Chen Kaige, che non riesce ad appassionare nonostante la magnifica interpretazione di Zhang Ziyi. Ancora meno interessante la tragicommedia di Michelle Lichtenstein, Happy Tears. Storia di due sorelle - Parker Posey bravissima e Demi Moore in versione country - con un padre sulla soglia della demenza. Buona la partenza, irritante il risultato. In pole position per l'Orso d'Oro c'è sempre The Messenger dell'israeliano trapiantato in America Moverman. L'unico forse in grado di rispondere alla ricetta della giurata esperta in gastronomia Alice Waters: un film in grado di nutrire anima e corpo dello spettatore.