Luigi Pirandello è ormai nelle fibre di Marcello Amici. Da anni si misura, alla testa della sua Compagnia delle Maschere, in alcune delle commedie del grande siciliano più emblematiche nell'impalcatura pseudofilosofica, che lasciò perplessi i suoi contemporanei e a noi posteri si va rivelando come trama di una disperata ricerca introspettiva sull'identità. Tutto per bene nel 1920, quando ebbe la prima uscita, fu considerata anzi una specie di ritorno all'ordine "borghese" dopo lo strappo drammaturgico di Così è (se vi pare). In fondo il candore di quel Martino Lori, protagonista, che scopre a posteriori il tradimento della moglie morta e pianta per sedici anni, e scopre anche di essere stato visto come ipocrita, in quanto al corrente della tresca, per approfittare dell'amante di allora, molto influente, il suo candore dunque rasentava la stupidità per non essersi accorto di ciò che era evidente, e alla fine si tramuta troppo sbrigativamente in rassegnazione, quasi compiaciuta perchè tutto si è concluso "per bene". Col tempo, attraverso interpretazioni di grandi attori e registi, Martino è apparso sempre più come maschera tragica, un illuso che vuole amore in un mondo senza amore. Amici, nel porre i meccanismi della commedia fuori della cornice realistica, essenzializza i personaggi come manifestazione di una disumanità nutrita dai giochi di potere, nei cui confronti Martino è "ingenuo" ma fratello de L'idiota di Dostoevskij. Quindi disincarnata "maschera nuda senza volto", con una forza raziocinante che è l'unica via d'uscita dalla tortura inflittagli. In una "stanza" nera inquietante per le pieghe di mistero e gli inserti sinuosi delle musiche di Piazzolla. Marcello Amici attore è quietamente in linea col suo disegno registico e ben coediuvato dalla Compagnia. In un ambiente di grande fascino panoramico, il Giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all'Aventino. Qui viene rappresenato, a sere alterne, Tutto per bene e Il fu Mattia Pascal, ovvero il romanzo pirandelliano - nella riduzione teatrale di Tullio Kezich - che è ulteriore percorso alla ricerca dell'io, e per la liberazione dai legami sociali che finiscono col riavvolgere Mattia anche da "fu". Per Marcello Amici - regista e primattore - la "condanna a portare una maschera, a recitare per sempre la stessa parte".