Che il cinema italiano popolare piaccia negli Sati Uniti non è certo una sorpresa, visto che tutti conosciamo quello che ha detto e fatto Quentin Tarantino. Invece è molto meno noto il fatto che esiste a Los Angeles una vera e propria comunità di talenti italiani che lavorano nel grande cinema degli Studios e che al tempo stesso s'ingegnano per far rivivere la grande stagione dei capolavori di genere realizzati a basso costo. È quanto ci ha raccontato a Taormina Mauro Borrelli, nella master class che accompagnava la proiezione in anteprima del suo primo film come regista, The Ghostmaker.
Borrelli è il creatore artistico di tanti effetti che tutti ricordiamo nei film di Tim Burton. È  sua la scala e tutto l'ingresso della casa di Dark Shadows, ad esempio; ma nel suo book figurano anche la nave di I pirati dei caraibi e molti altri elementi presenti nei kolossal di Schumacher, nella serie di Spiderman e in molti altri film. Borrelli poteva continuare all'infinito la sua carriera di successo, ma ha deciso di affrontare una nuova sfida insieme ad un altro italiano, il regista e produttore Fabio Segatori.
The Ghostmaker è un piccolo ma intelligente horror, con tanta suspense e molta paura che non derivano però dal gore, cioè dalle atrocità mostrate. Tre ragazzi trovano una macchina che proviene dal Medioevo. Con essa il corpo si sdoppia e si possono vedere e sapere molte cose mentre si è in trance. I tre ne fanno un uso molto diverso e la loro vera natura viene fuori. Due di loro moriranno, uno sopravvive, la macchina sarà distrutta: ma forse non è proprio così. Un teen-horror in cui i ragazzi non sono belli, bravi e stupidi ma devono affrontare tanti problemi: uno è in sedia a rotelle, un altro fa uso di droga, il terzo è un topo di biblioteca. Il fantastico affonda le sue radici nella vita quotidiana, tra spacciatori senza pietà e carte di credito rubate alla fidanzata.  Molto Bava e un po' di John Carpenter, sentenziano i cinefili. Ma soprattutto un film piacevole, sorprendente, che fa paura e che fa anche pensare.