Sarà dedicata a Joseph Losey la retrospettiva della 30ma edizione del Torino Film Festival, in programma nella seconda metà di novembre.
Curata da Emanuela Martini, la retrospettiva presenterà i 37 lungometraggi e cortometraggi diretti dall'autore e sarà corredata da un volume di saggi e testimonianze edito dal Castoro. Considerato uno dei maggiori autori cinematografici “europei” degli anni 60 e 70, un maestro dello scavo psicologico, sociale ed esistenziale alla pari di Bergman e Antonioni, Joseph Walton Losey era in realtà americano. Infatti, era nato nel 1909 a La Crosse, nel Wisconsin (di due anni più vecchio del suo concittadino Nicholas Ray), si era laureato a Harvard, era stato scrittore, giornalista, regista teatrale dagli anni 30 e aveva esordito nel lungometraggio nel 1948 per la Rko, con Il ragazzo dai capelli verdi, una metafora in chiave fantastica della crescente intolleranza. Ma, dopo altri tre film (tra i quali un inquietante remake di M di Lang), a partire dal 1951 non realizzò mai più un film negli Stati Uniti.
Infatti nel 1951, mentre era in Italia per le riprese di Imbarco a mezzanotte (uscito poi con la firma Andrea Forzano), Losey fu raggiunto dalla convocazione per testimoniare davanti alla famigerata Commissione per le Attività Antiamericane. In America e a Hollywood infuriava la “caccia alle streghe”, ai dissidenti, ai “rossi”, e Losey, che nel 1935 aveva seguito le lezioni di cinema di Eisenstein a Mosca, che aveva lavorato nel Federal Theater Project del New Deal rooseveltiano, di forte impronta democratica, e che nel 1947 aveva collaborato con Bertolt Brecht per l'allestimento teatrale del suo Galileo (in una leggendaria interpretazione di Charles Laughton), era finito nelle “liste nere” del senatore McCarthy. Losey decise di rimanere in Inghilterra, dove si mantenne dirigendo film pubblicitari e altri lungometraggi, tutti usciti con diversi pseudonimi (Victor Hanbury, Joseph Walton), e dove finalmente nel 1957 riprese il proprio nome con L'alibi dell'ultima ora, un thriller serrato e un appello accorato contro la pena di morte. Comincia così la carriera “britannica” di Joseph Losey, che attraversa generi come il noir (L'inchiesta dell'ispettore Morgan e Giungla di cemento), il mélo in costume (La zingara rossa), la fantascienza targata Hammer (Hallucination) e che nel 1962 con Eva, inquietante ritratto di una femme fatale interpretata da Jeanne Moreau, si impone tra i nuovi autori europei per la sua capacità di scavare nelle pieghe dei rapporti interpersonali e nell'anima dei personaggi. La consacrazione arriva l'anno dopo, con Il servo, capolavoro ambiguo e oscuro sulle relazioni tra classi, sessi e caratteri, scritto da Harold Pinter, con il quale Losey collabora di nuovo nel 1967 e nel 1971, per L'incidente e Messaggero d'amore, straordinari, atroci ritratti della repressione e dell'ipocrisia borghese.
Astratto, teorico, e nello stesso tempo “carnale” e sovrabbondante, Losey ha saputo coniugare un'esplicita influenza espressionista e una propensione barocca, la lezione straniante di Brecht e la narrazione agile dei generi, la concentrazione spasmodica sull'interiorità dei personaggi e l'attenzione “entomologica” all'ambiente e alle sue costrizioni, passando da thriller metaforici come l'angosciante inseguimento tra fuggiaschi e polizia di Caccia sadica alla quotidiana, ironica concretezza della coppia in crisi di Una romantica donna inglese, dallo scherzo pop Modesty Blaise all'eccentricità di Cerimonia segreta, dal viaggio nel profondo di Mr. Klein alla lussureggiante ambiguità del Don Giovanni mozartiano. Il suo ultimo film è Steaming, il bagno turco, diretto poco prima della sua morte, avvenuta a Londra il 22 giugno del 1984.