"Ogni volta che faccio un film attingo dalla mia vita personale: qui ho messo quello che stavo vivendo in un particolare momento, i vari problemi o le riflessioni su alcune cose. Dirigere un film ti dà una grande opportunità, ma la cosa più importante è provare a spingersi in territori poco noti, che magari come regista non ti sono congeniali: e da questo punto di vista I sogni segreti di Walter Mitty è il film che mi ha dato più soddisfazioni". Così Ben Stiller presenta in Italia il suo quinto lungometraggio da regista, incentrato come da titolo (in originale è The Secret Life of Walter Mitty, dal racconto omonimo del 1939 di James Thurber) su un personaggio, Walter Mitty, che proprio il cinema ha conosciuto la prima volta nel '47, grazie al film di Norman Z. McLeod (Sogni proibiti), rivisto in chiave comica 35 anni più tardi da Neri Parenti (Sogni mostruosamente proibiti) e ora – grazie al nuovo adattamento firmato da Steve Conrad – outsider tra i vari blockbuster pronti ad invadere le sale per le festività natalizie: sugli schermi dal 19 dicembre distribuito da 20th Century Fox in circa 300-350 copie.
Interpretato dallo stesso Stiller, questa volta Walter Mitty lavora all'archivio fotografico del celebre magazine LIFE: incapace di affrontare a viso aperto il mondo reale, si rifugia in un mondo di fantasia amplificato anche dalle innumerevoli immagini avventurose ed esotiche passate sotto i suoi occhi in più di 15 anni di lavoro. Ma sarà la vita reale a catapultarlo in un incredibile viaggio: per l'ultima copertina della versione cartacea del magazine, prossimo alla chiusura, il grande fotografo Sean O'Connell (Sean Penn) chiede per mezzo telegramma l'utilizzo del “negativo 25”, una foto che – parole sue – “è la quintessenza della vita” (di LIFE, appunto). Negativo misteriosamente scomparso, però: e Walter Mitty, spronato anche dalla collega di cui è segretamente innamorato (Kristen Wiig), partirà alla volta della Groenlandia, toccherà l'Islanda e raggiungerà poi l'Himalaya. In cerca del fotografo, per scoprire se stesso.
"Walter - dice ancora Stiller, anche protagonista del film - è un personaggio che passa tutta la sua vita a guardare immagini di persone che fanno cose straordinarie, mentre la sua è una vita normale, più che ordinaria. Un uomo comune con tante potenzialità, ma che nessuno vede". Meno grottesco dei lavori precedenti di Stiller, il film rimane in bilico tra la commedia e il racconto avventuroso esistenziale: "La storia del personaggio, lo script hanno dettato lo stile del film, che riflette anche sull'idea di stabilire un contatto con le altre persone e con se stessi. Sognare ad occhi aperti consente a Walter di andare avanti, di evadere dalla sua vita noiosa, ma al tempo stesso lo blocca nei rapporti con le persone. Oggi come oggi credo sia un tema importante, viste le tante distrazioni che ci allontanano dall'avere reali interazioni con gli altri: è più difficile adattarsi al reale". Altro argomento centrale, la "morte" della versione cartacea di LIFE: "La mia generazione ha visto il passaggio dall'analogico al digitale. È qualcosa su cui rifletto, da ragazzino ho vissuto l'inizio delle moltissime cose che abbiamo oggi: dai rudimentali videogame come Kong, ai primi computer. Trovo sia un peccato che oggi le informazioni provengano da fonti virtuali perché ancora preferisco tenere in mano una rivista o un libro. LIFE esisteva dal '45, ma i ragazzi di oggi non lo capiscono: la capacità di attenzione si riduce e questo film ha voluto anche celebrare quello che è stato il mondo analogico". Girandolo in pellicola: "E' triste che sia sempre più difficile realizzare film in pellicola. Questo però non poteva che essere realizzato così, visto che racconta di un uomo in cerca di un negativo...".