Un drammatico pezzo di storia italiana per restituire voce ai soldati neri che hanno combattuto per la libertà e la democrazia. A stupire con l'insolita prospettiva non poteva essere che Spike Lee, il graffiante regista afroamericano di Malcolm X, Fa' la cosa giusta e il recente When the Levees Broke sull'uragano Katrina. Per il suo prossimo film, una coproduzione al 50% con la neonata On My Own di Roberto Cicutto e Luigi Musini, ha deciso di rifarsi al dimenticato eccidio nazista di S. Anna di Stazzena, piccolo centro della Versilia, dove il 12 giugno 1944 più di 560 fra donne e bambini vennero trucidati dalle S.S. di Walter Reder. Il progetto, per ora intitolato The Miracle of S. Anna come il romanzo di James McBride a cui si ispira, si avvarrà di un budget di 45 milioni di dollari e sarà girato fra la Toscana e gli studi di Cinecittà a partire dal 2008. All'origine della storia, racconta Spike Lee, è la volontà di fare giustizia di un paradosso: "Per quanto la storia confermi che si siano valorosamente battuti per la democrazia, in America i neri sono sempre stati considerati cittadini di serie B. Se ne trovano nei film sul Vietnam come Apocalypse Now o Platoon, ma non è un caso che in quelli sulla Seconda Guerra Mondiale siano praticamente invisibili".
Immediata conferma alle sue parole arriva dalla vicenda di William Perry, testimone dell'eccidio, a suo tempo nella 92a Divisione Buffalo dell'esercito americano e oggi alla soglia degli 83 anni: "Ne aveva appena 19 - lo introduce Spike Lee - quando arrivò in Italia per difendere la democrazia da nazisti e fascisti. Eppure in America rischiava ancora di essere bruciato vivo". Più che sull'eccidio in sé, il film si concentrerà infatti sulle vicende di quattro soldati neri, abbandonati senza rimpiazzi nelle trincee toscane per oltre due mesi. Fra gli aspetti che più verranno sottolineati, anticipa, ci sarà quello del rapporto umano instaurato con la popolazione locale che offrì loro rifugio: "Molti di questi ragazzi - dice l'autore del romanzo, McBride - raccontarono di essere stati trattati meglio dagli italiani in quei drammatici giorni, che dagli americani al ritorno in patria". Perry sottoscrive e torna con la memoria al suo giugno del '44: "Avevamo stabilito una relazione meravigliosa con gli italiani. Quella con i partigiani si è rivelata in particolare una collaborazione molto proficua: le informazioni che ci passavano sono state spesso preziosissime".
Un tema difficile, quello della resistenza italiana, con cui ha avuto modo di confrontarsi anche McBride nel corso delle sue ricerche: "Il mio interesse verso questa storia - racconta - nasce da due circostanze concomitanti: da una parte l'incontro col figlio di un partigiano di Barga, che mi aveva consigliato di visitare quei luoghi e dall'altra i racconti di mio zio. Allora era arruolato nella 92a Divisione Buffalo e ogni volta che alzava un po' il gomito, iniziava a parlarmi della sua esperienza". Il miracolo che dà il titolo al suo libro, dice, è quello di trovarsi finalmente riuniti a confrontarsi su un tema così delicato: "Sono passati 60 anni ma ce l'abbiamo fatta. Noi neri sappiamo benissimo cosa significa non avere voce in capitolo e questo film ci auguriamo la restituisca a tutti coloro che non l'hanno mai avuta". Sulla stessa linea anche la stoccata che poi riserva all'industria hollywoodiana: "Il mio libro è uscito nel 2001 e da allora Spike Lee è stato l'unico a interessarsene. Non è una storia sugli italiani o sugli americani, ma su tutti i neri che hanno combattuto per la democrazia, al di là di ogni bandiera".
A fornire ulteriori motivazioni al regista, che il 10 luglio riceverà a Fiesole il Premio Maestri del Cinema del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici, è lo stretto rapporto col nostro paese, che confermano le sue prossime vacanze in Toscana insieme alla famiglia: "Sono cresciuto in mezzo agli italoamericani di Brooklyn - racconta -. Molti dei miei amici d'estate tornavano a casa dai parenti e così ho iniziato a incuriosirmi. A partire dal mio primo film, nell'87, ho poi avuto occasione di venire più volte in Italia. Era da tempo che volevo girarci un film, ma aspettavo la storia giusta. L'incontro con McBride e l'amicizia con Cicutto e Musini hanno quindi chiuso il cerchio: evidentemente è arrivato il momento di fare quel film". A fargli da incoraggiamento sono anche commozione e soddisfazione di Enrico Pieri, superstite di quei tragici giorni, che al momento dell'eccidio aveva appena 10 anni: "In cinque minuti i tedeschi hanno trucidato tutta la mia famiglia e quella della bambina da cui mi ero nascosto - racconta -. Con lei e altri due siamo riusciti a salvarci soltanto perché abbiamo trovato riparo prima in un sottoscala e poi in un campo di fagioli. Da allora ho cercato di dimenticare e sono stato anche lontano dall'Italia per 32 anni. Ora sono però grato a tutti coloro che, dopo così tanto tempo, sono riusciti a riportare l'attenzione sulla strage di S. Anna".