“Lessi il libro di Uri Orlev e ne fui profondamente colpito. Poi decisi di farne un film che facesse emergere la forza di questo bambino”, così il Premio Oscar Pepe Danquart alla presentazione di Run, Boy, Run, film tratto dal best seller dello scrittore israeliano Uri Orlev che racconta l'esperienza dell'olocausto e della seconda guerra mondiale in Polonia dal punto di vista di un bambino.Presentato in concorso per la sezione Alice nella città al Festival del Cinema di Roma, il film è stato applaudito da una folla di adolescenti e bambini alla proiezione in Sala Santa Cecilia. Protagonista un orfano ebreo di otto anni, fuggito dal ghetto di Varsavia nel 1943 e la sua lotta per la vita. Srulik, un bambino che per sfuggire alle SS deve fingersi polacco, costretto a cambiare il suo nome in Jurek, a nascondere di essere circonciso e a imparare i precetti della religione cristiana per cercare accoglienza nelle case della gente.“In seguito ho scoperto che Roman Polanski aveva vissuto le stesse situazioni di questo bambino, ma non volle fare questo film perché si sentiva troppo coinvolto emotivamente. Fece quindi Il pianista”, prosegue il regista che ha scelto di adattare il libro, tratto da una storia vera, al grande schermo: “cercando di mantenere un equilibrio tra alti e bassi per tenere sempre alta la tensione del dramma”.Srulik-Jurek corre, corre e scappa, cercando in tutti i modi di sopravvivere e di nascondersi dai nazisti, nella foresta di Bialoweiza, luogo in cui molti partigiani e bambini trovavano rifugio. Molte le scene cruente, Run Boy Run è adatto per un pubblico di bambini/adolescenti? “Sicuramente - risponde Pepe Danquart- I bambini di oggi sono abituati a scene ancora più cruente che vedono ogni giorno su Internet. E' un modo moderno di raccontare la storia degli stermini della seconda guerra mondiale. E poi ho notato che in Sala i bambini hanno mantenuto alta l'attenzione per ben 108', cosa che non è facile su un tema di questo genere”. Il protagonista è stato interpretato da due gemelli: i bravissimi Andrezej e Kamil Tkcaz. “Sono contento che i due gemelli sono talmente identici che sono riusciti a fondersi in un unico protagonista e che né lei, né la giuria di Alice nella città lo abbiate minimamente notato!”, dice il regista che ha scelto i due bambini dopo aver esaminato più di 700 candidature per un anno.
“Anche io sono gemello e so cosa vuol dire essere inseparabili. Loro volevano sempre dare il meglio. Avevano due caratteri diversi: uno più dolce ed emotivo, l'altro più distaccato. Per cui sceglievo chi dei due era più idoneo caratterialmente a interpretare una determinata scena. In più in Germania esiste una legge che vieta di far recitare i bambini minori di dodici anni per più di cinque ore sul set. Ma grazie ai due gemelli potevo avere le mie ore giornaliere di ripresa. D'altronde cinquanta giorni di riprese al freddo e nella foresta non sono poche per un bambino”, conclude il regista che ama “il cinema italiano del passato: Pasolini e i fratelli Taviani. Ma anche film come La vita è bella di Benigni e La grande bellezza”.