"4 mesi, 3 settimane, 2 giorni non è un film sull'aborto né sulla dittatura di Ceausescu, come è stato detto e scritto, ma la storia di due ragazze chiamate per la prima volta a misurarsi con i risvolti drammatici dell'esistenza e a prendere decisioni dolorose". Così Cristian Mungiu, classe '68, rivelazione all'ultimo Festival di Cannes, astro nascente di una cinematografia, quella rumena, chiamata a uno scatto decisivo dopo i promettenti passi di questi anni (Mihaileanu, Puiu, Porumboiu e lo sfortunato Nemescu, a conferma di un fermento che è difficile definire casuale). L'occasione potrebbe venire proprio dal film Palma d'Oro 2007 che la Lucky Red, con coraggio, distribuirà in Italia (anteprima mondiale il 24 agosto) in 120 copie, una cifra monstre considerato il genere di pellicola. L'annuncio arriva direttamente dalla casa del cinema di Roma dove stamattina il film è stato presentato dallo stesso regista e da Anamaria Marinca, una delle due interpreti principali (chiamata di recente anche da Francis Ford Coppola per una piccola parte in Youth Without Youth). Una scelta audace quella della Lucky Red ma non scriteriata in quanto 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni ha tutte le carte in regola per conquistare una fetta di pubblico importante, capace com'è di raccontare in maniera diretta e senza troppi vezzi stilistici "una storia personale e nello stesso tempo universale, che ci riguarda e ci coinvolge tutti" come sottolinea lo stesso regista. Che aggiunge: "Se nel film si parla di comunismo ciò avviene perlopiù indirettamente. Il periodo rappresenta solo il contesto e non il soggetto dell'opera. La ricostruzione è fedele, abbiamo girato unicamente in location reali e gli oggetti che vedete sono davvero quelli di allora, dall'autobus che cammina su due cilindri che sembrano bombe a gas, alle Lastun, le automobili rumene che tanto somigliano a dei ferri da stiro. Tutto però rimane in secondo piano rispetto alla storia intima e sofferta delle due ragazze. Siamo nel 1987, di lì a poco il regime di Ceausescu si sarebbe completamente sfaldato ma nessuno di noi allora avrebbe mai immaginato una fine così repentina, piuttosto pensavamo che il comunismo sarebbe durato per sempre. Comunque non era quello il problema che ci assillava. Non facevamo caso alle privazioni di libertà, alle condizioni socio-politiche del Paese o ad eventuali alternative. Eravamo presi completamente da problemi economici, preoccupazioni quotidiane, dilemmi privati. Ed è questo, insieme alla gioventù di allora, che ho voluto raccontare". Ad onor del vero, ciò non impedisce che un giudizio sul periodo traspaia ugualmente, non fosse altro che per il prezioso lavoro alla fotografia di Oleg Mutu (socio di Mungiu sin dai tempi di Occident, il primo lungometraggio del regista rumeno) che ha immerso tutto in una luce tetra e grigiastra. Né si può evitare alla fine di parlare d'aborto, ma se Mungiu evita di dare giudizi limitandosi a mostrare le conseguenze di una legge antiaborista che fu voluta da Ceausescu per puri motivi ideologici, vale la pena riportare quanto espresso da Anamaria Marinca sull'argomento: "Per quanto mi riguarda l'aborto è una cosa terribile. Non dovremmo essere noi a scegliere sulla vita e la morte di un essere umano". Una posizione che fa capire ancor di più quanto faticoso sia stato per l'attrice costruire il suo personaggio, Otilia, proprio colei che con determinazione aiuterà l'amica ad interrompere la gravidanza. "Otilia è un misto di freddezza ed emotività. E' un personaggio che ha richiesto tanta fatica e lavoro di sottrazione", spiega lei. Lui sorride e conferma: "Il lavoro con gli attori per me è fondamentale, io stesso passo molto tempo con loro, insisto affinché sappiano le battute a memoria in ogni dettaglio, recito per loro, tolgo delle lettere dalla loro pronuncia per rendere il dialogo il più simile possibile a un linguaggio parlato. Anamaria in tutto questo è stata fantastica, tutto il film poggia sulle sue spalle. Penso che lavorerò ancora con lei, ma prima dovrà farsi ricrescere i capelli".